03/10/2021
M_usik RESTART
La musica, si sa, è un linguaggio universale che non necessita di traduzione. Le sue onde invisibili scaldano, cullano, emozionano chi ascolta.
La musica è l’arte di esprimere l’interiorità dell’individuo che la produce e di evocare significati interiori in chi ascolta.
Etimologicamente, il termine musica deriva dall’aggettivo greco mousikos, riferito alle Muse, le figlie di Zeus e Mnemosyne (che nella mitologia rappresenta la memoria). Le Muse raffiguravano l’ideale supremo dell’arte, intesa come verità del “tutto”, ovvero eterno rispecchiamento del Divino.
In effetti, la musica è espressione intangibile, poiché la sua essenza risiede solo apparentemente nelle partiture e nel pentagramma. Qualcuno è arrivato a definire Dio un musicista e forse lo ha fatto nel momento in cui ha visto i segni sul pentagramma librarsi in volo e diventare cibo per l’anima.
La musica è da sempre associata al divino, pare avere infatti un potere talmente profondo da riuscire a connettere l’uomo con gli dei e con l’intero universo, esterno e interno a sé. Il suono stesso è ritenuto di origine sacra e la musica qualcosa di trascendente, sia nella sua forma vocale che in quella strumentale.
La musica, si sa, è un linguaggio universale che non necessita di traduzione. Le sue onde invisibili scaldano, cullano, emozionano chi ascolta.
La musica è l’arte di esprimere l’interiorità dell’individuo che la produce e di evocare significati interiori in chi ascolta.
Etimologicamente, il termine musica deriva dall’aggettivo greco mousikos, riferito alle Muse, le figlie di Zeus e Mnemosyne (che nella mitologia rappresenta la memoria). Le Muse raffiguravano l’ideale supremo dell’arte, intesa come verità del “tutto”, ovvero eterno rispecchiamento del Divino.
In effetti, la musica è espressione intangibile, poiché la sua essenza risiede solo apparentemente nelle partiture e nel pentagramma. Qualcuno è arrivato a definire Dio un musicista e forse lo ha fatto nel momento in cui ha visto i segni sul pentagramma librarsi in volo e diventare cibo per l’anima.
La musica è da sempre associata al divino, pare avere infatti un potere talmente profondo da riuscire a connettere l’uomo con gli dei e con l’intero universo, esterno e interno a sé. Il suono stesso è ritenuto di origine sacra e la musica qualcosa di trascendente, sia nella sua forma vocale che in quella strumentale.
La musica nei riti spirituali e nelle religioni
Nei riti spirituali, ad esempio, la musica è fondamentale e lo sciamanesimo ne è un fulgido esempio. Lo sciamano raggiunge la trance, ovvero stati di coscienza alterati, grazie al suono delle percussioni, arrivando – secondo la credenza popolare – a comunicare con gli dei e con i morti. Gli strumenti a percussione, tra cui le varie tipologie di tamburi, nel rispetto della tradizione vengono costruiti utilizzando il legno dell’albero che la tribù riconosce come albero universale e che si configura come tramite tra la terra e il cielo.
Nella tradizione degli aborigeni australiani, invece, i bambini ereditano dei canti associati a delle mappe geografiche che rivelano loro dei luoghi mistici dove gli spiriti hanno danzato o celebrato cerimonie. I bambini, da adulti, intraprenderanno un viaggio seguendo il percorso della mappa e intoneranno i canti a loro donati durante l’infanzia, facendo rivivere ancora la memoria degli spiriti e degli avi da cui hanno ricevuto l’eredità.
Anche nelle religioni monoteiste la musica è un elemento fondamentale e imprescindibile. Nei rituali cattolici, ad esempio, durante la messa ad ogni preghiera è associato un canto collettivo, spesso accompagnato dall’organo. Nei rituali buddisti, invece, sono presenti mantra e inni di lode.
E non dimentichiamo i cori gospel! Nati nelle chiese cristiane metodiste negli anni Trenta, sono vere e proprie canzoni corali spirituali che, ancora oggi, trasmettono moltissima energia e alimentano il sentimento di comunione.
La musica nella nostra vita
Queste tradizioni apparentemente anacronistiche raccontano i significati senza tempo e latitudine che la musica traduce e trasmette da secoli. Non è forse vero che la musica si può prestare, donare, acquistando un “diritto di passaggio” dentro altri luoghi, altre sensibilità? Sensibilità che conducono a quell’esperienza spirituale così personale, intangibile e misteriosa che provare a descriverla con parole sarebbe un ingenuo e maldestro tentativo di indagare ciò che deve rimanere nella sfera intima dell’imperscrutabile.
Quanti luoghi franchi abbiamo attraversato trasportati dalle onde della musica e quanti territori interni che credevamo inarrivabili e non condivisibili si sono aperti all’altro da noi. Ogni viaggio interiore ha il suo misticismo, la cui cifra risiede nella capacità di leggere i messaggi che la nostra anima ci invia, stimolata dal suono che accende e spegne luci, cura ferite, ci rivolge quelle domande che accompagnano la nostra vita e che chiedono risposte il cui senso possiamo narrarlo solo noi.
Come il pentagramma registra storie su un piano infinito, così la nostra mente registra significati che non pensavamo mai di poter decifrare.
Ezio Bosso definiva la musica come una connessione fondamentale tra Cielo e Terra. “La musica è un gesto d’amore perché è vita, compagna sincera, salvezza personale ma anche globale. La musica può lenire il dolore, se credi in lei e ti lasci guidare può cambiarti la vita” diceva così il famoso compositore torinese.
Franco Battiato invece afferma “ogni volta che mi metto a scrivere qualcosa che non sia banale, sento il bisogno di inserirvi elementi metafisici. L’artista è un tramite tra questo piano di realtà ed il Divino. Ho capito col tempo che l’ispirazione è soprasensibile, è successo per brani come L’Ombra della Luce e La Cura. Senti che qualcosa di superiore ti arriva, ti attraversa, tu in questo caso sei solo un mezzo di comunicazione tra due mondi”.
Il destino della poesia (e della musica, di conseguenza), dunque, sembra proprio quello di essere collocata a mezza altezza, fra cielo e terra, a metà fra sensibile e soprasensibile. La parola greca “metaxu’” esprime alla perfezione questo concetto, poiché significa “fra, in mezzo a, tra le cose” e si riferisce al fatto che la “magia” avviene non in uno o nell’altro polo, bensì esattamente nella tensione dalla terra al cielo, in un luogo intermedio.
Uno dei più bei pezzi della musica leggera italiana “La collina dei ciliegi” di Battisti-Mogol è proprio una candida esortazione a raggiungere quel luogo privilegiato, capace di elevare una intera esistenza, come recita la strofa “e più in alto e più in là, ora figli dell’immensità”.