10/01/2020
05/01/2020
Il Sole d’Inverno sorge a dicembre e ha la forma di un disco in vinile.
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Dalla Pangea alla deriva dei continenti. Dalla circumnavigazione dell’Africa alla conquista del Nuovo Mondo. Dalle locomotive ai satelliti in orbita. Il concetto di spazio è relativo, quello di distanza ancora di più se pensiamo che con un clic sulla we**am giusta possiamo arrivare ai confini dell’Antartide.
Un viaggio di sola andata verso Marte non ci sembra più così assurdo, anche se attraversare la Puglia con un solo treno è ancora oggi una pura utopia. Ma chissà come dev’essere per un astronauta tornare coi piedi per Terra dopo una missione nello spazio: posare nuovamente lo sguardo su un orizzonte dopo aver scrutato l’immensità dell’universo. Da lassù si assapora la struggente bellezza del mondo, in tutta la sua limitatezza. Da quaggiù, possiamo ammirare l’infinità del cielo stellato e sentirci piccoli atomi mortali.
Navighiamo di notte per sentirci immersi nel vuoto misterioso, per sperimentare l’emozione di farci guidare dalle stelle, per fluttuare come cosmonauti. E cerchiamo il nostro sole, perché è sempre la luce a guidare la navigazione. Certo, c’è la tecnologia: ma se Ulisse avesse avuto il Gps, l’Odissea sarebbe forse stata altrettanto avventurosa?