Certo, con un piatto non si abbatte un muro, tanto più se quel muro ha la solidità del pregiudizio e della discriminazione, conscia o inconscia che sia. Però se il piatto è ricco di sapori, tradizioni, vita vissuta può senz’altro scheggiare quel muro, creparlo. Una Ape-car dedicata, un motto che è insieme simbolo e obiettivo: Tira il piatto contro il muro. La scelta di collaborare con cucine che
si avvalgano del contributo di persone arrivate in Italia grazie ai corridoi umanitari, ragazze e ragazzi a cucinare sull’ape, una parte dei ricavi devoluti alle associazioni che si occupano di accoglienza. Un’idea nata quando il Comune di Milano iniziò a mostrare all’Italia come ci si comporta con chi scappa dalla guerra e dalla fame. Così Tira il piatto contro il muro vuole dimostrare quante strade possa imboccare il processo di integrazione. Dallo street food dell’Ape (immaginatela in un cortile di Milano o in un parco). L’Ape di Tira il piatto contro il muro offre i sapori e gli odori mediterranei dei falafel, dei fagottini fritti con formaggio e verdura, dell’hummus, della crema di melanzane con tahina, del tabulè. E soprattutto vuole far vedere come accoglienza e integrazione possano costruire insieme a noi nuovi modelli di business legati al welfare e al sociale. Una sfida dunque, legata alle differenti culture, cominciando, appunto, da quelle che riguardano il cibo. Guardando al palato ma anche al cuore, ai nostri valori e allo sviluppo economico di chi sceglie il nostro Paese per tentare una esistenza migliore. Per capire che solo un futuro di integrazione ha un senso, in termini umani quanto economici.