28/11/2024
Analisi tremendamente lucida del panorama musicale attuale, nelle parole di Cristiano Godano dei Marlene K***z a proposito della carriera e della mentalità non provinciale del collega Manuel Agnelli degli Afterhours:
«[…] lui [Manuel Agnelli] ha trovato le giuste contromisure da tempo. Da superman vincente e non da eroe perdente ha impostato tutta la carriera all’insegna di un’ambizione smisurata come probabilmente non si era mai verificato prima in Italia nell’ambito del rock non mainstream, e si è posto un obiettivo straordinario: portare la sua musica ai piani alti o medio-alti del potere, scalino dopo scalino, concerto dopo concerto, con un senso del business ben chiaro in testa. Senza mai dover passare per un cambio di impostazione musicale e dunque senza mai accondiscendere a una radicale virata verso l’attitudine pop volta a cercare un pubblico più ampio (in astratto cercare un pubblico più ampio è una delle cose più ovvie, giuste e lecite del mondo, sia ben chiaro), accettando il compromesso di produzioni patinate capaci di sconfessare la propria indole (è questo che non va bene). E attenzione, o voi che sbalordite a queste mie parole: il senso del business ce l’hanno molte delle band internazionali che amate. E più sono famose e più ce l’hanno, che abbiano accettato qualche compromesso nella vita o meno, e se dovessi dare un consiglio a un giovane che inizia a suonare gli direi di sviluppare un talento imprenditoriale (ma ora che ci penso: la musica sta diventando sempre più un fatto di marketing e comunicazione, e la maggior parte dei ragazzi di oggi, quella che ce la fa, ne ha così tanto, di quel talento, che potrebbe tranquillamente tenere dei corsi di apprendimento, ai quali potrebbe addirittura essere che mi iscriverei. Faccio per dire…)
È questo aspetto che ha fatto la differenza fra Manuel e tutta la scena alternative rock nazionale di ieri e di oggi. Una differenza innovativa, perché tutti i musicisti che come me appartengono a questa scena, o che a essa sono appartenuti, tra new wave, rock progressive, post-punk, punk, indie (secondo la vecchia accezione), e tutte le diramazioni dei sottogeneri che potete immaginarvi (per brevità tutto ciò che è alternative, anche qui secondo una accezione ormai desueta, in allergica distanza da tutto ciò che è pop patinato), non hanno mai saputo o voluto osare tanto: avvezzi a un modo di essere alternative, fra “nerdismo” e introversione, appartenenza di genere e chiusura al mondo esterno, spesso (ma non sempre) più per assimilazione di una sorta di codice est-etico deontologico che non per vera e propria indole, sono rimasti nell’alveo rassicurante del proprio mondo di riferimento, quand’anche latente fosse il desiderio sottaciuto di espandersi come accaduto a centinaia e centinaia di band rock dell’universo nel corso della storia del rock. Una conventicola, quella del proprio mondo di riferimento, che ha però i pessimi difetti che ho descritto sopra, e che in Italia è piccina e prima o poi ti abbandonerà comunque, tra disamore fatale e senso critico pervicacemente ottuso, assecondando in modo istintivo le regole non scritte di un giochino impalpabile, che è consustanziale a questa vacua, puerile, crudelmente giocosa appartenenza.
Manuel, in definitiva, stufo di patire le provocazioni succhia-energie della conventicola, ha voluto andare oltre questi steccati (cosa sacrosanta e desiderata da almeno il 70% per cento dei musicisti alternative del pianeta), e ha voluto per la sua musica (in verità questo fin dagli inizi della sua carriera) una remunerazione sempre crescente, osando dove nessuno della stessa scena rock alternative italiana, disastrosamente provinciale, ha mai osato, esibendo una stratosferica sicurezza in se stesso. (Mi ha confessato recentemente che mi era capitato tempo addietro di dirgli che non mi piaceva molto il suo modo sempre più urlato di cantare. Un modo che, per inciso, piace molto agli italiani. Sapete cosa mi rispose? «Proprio perché mi dicesti così io mi sono messo a urlare sempre più». Beh, se non è stratosferica sicurezza in se stessi questa… )
Quindi, a un certo punto, dopo essere arrivato al limite con la sua musica (più di così non avrebbe potuto ottenere, esattamente come tutti noi del rock alternative), è debordato a X Factor per andare a prendersi il potere (parole sue in una intervista su YouTube). Una scelta difficilissima, perché aveva le stesse chance che gli andasse bene come male, e in questo secondo caso avrebbe fatto consistenti danni alla sua carriera. Eppure ha saputo farla diventare vincente con questa capacità necessaria e fuori dal comune di credere in se stesso in un luogo “nemico”, fatto di altri parametri e di altre regole rispetto a quelle a cui siamo abituati noi rocker alternativi. Ha sdoganato le sue skills (qualsiasi esse siano) e le ha imposte al mondo ignaro. Ora il suo rock non mainstream bazzica nel mainstream italiano, e egli sorride felice e orgoglioso. Ha fatto il suo personale capolavoro per se stesso, molti hanno abbaiato e ululato («So bene che mi stanno massacrando nella rete», disse in una intervista alla sua prima volta al talent), e/ma non saperlo riconoscere è da provinciali.
È stata una generazione cazzuta la nostra, quella degli anni 90: portammo la cultura rock a una platea immensa e sembrava che l’Italia stesse cambiando il proprio DNA. Non ho mai creduto che il rock sia la sola “vera musica”: non sono così manicheo. Ma c’è stato qualcosa nel rock, ogni volta che è stato verace, che ha acceso in modo speciale, profondo e formativo, l’immaginazione della gente, migliorandola. È questo ad averla resa “vera musica”. Quella che va adesso, intendo il modello vincente e unico remunerato, a me non piace, e dal mio punto di vista non è “vera musica”, non nel senso in cui sto ragionando provando a farmi interprete di un pensiero diffuso che in alcuni tratti è anche il mio. Se da una parte è pieno di eroi che ne fanno di ottima in tutto il mondo, e il 2020 lo ha dimostrato, quella che è destinata a diventare l’unica protagonista in grado di vedersi pagato il proprio lavoro mettendo all’angolo e poi fuori dal ring poco per volta i suddetti eroi ha preso una piega detestabile. Competitiva, performativa, plastica, muscolosa, piena di lifting, accondiscendente, uniformata, conformista anche quando apparentemente ribelle, rinnegatrice delle sfumature e delle zone d’ombra, ammiccante, priva di profondità e tensione, rassicurante, ostentatrice spudorata della ricchezza, priva di attitudine e di indole idealisticamente artistica, fighetta, sempre più pop (di quel pop che è brutto nelle intenzioni, fatto com’è per essere massivo a qualsiasi costo e aderente ai canoni, senza sbavature). E anche quando contiene creatività, come può ovviamente accadere, tale valore positivo viene schiacciato e obnubilato da tutto il fastidioso resto suesposto. In un mondo perfetto ci starebbe questa come tutte la altre, in un mondo che sta prendendo una br**ta piega potrebbe diventare l’unica. (Esagero? Leggete questo estratto da un articolo autorevole uscito su Il post: “Al giorno d’oggi un artista solista deve accumulare alcune centinaia di migliaia di riproduzioni al mese per arrivare a uno stipendio da salario minimo negli Stati Uniti, e per una band ovviamente sono molte di più, visto che si devono dividere gli introiti per il numero dei membri. Su YouTube i ricavi sono ancora più bassi”. Letto bene? Non sto parlando di me e dei Marlene, sto parlando di più del 90% della musica del pianeta. I grossi dinosauri e i nuovi arricchiti se ne faranno una ragione sbadigliando ai bordi della loro piscina, con un piccolo sussulto interiore di scazzo e dispiacere, ma tutti gli altri, no, fra circostanziate preoccupazioni, timori crescenti e angosce laceranti.)
Queste affermazioni andrebbero contemperate da approfondimenti e precisazioni, ma per sommi capi, al di là dei gusti miei personali, è un fatto che ho ribadito spesso: tutto ciò che non è mainstream è sempre più destinato alla gratuità dalle svilenti piattaforme, fino a scomparire.
E dunque fummo cazzuti, e se il nostro piccolo mondo di riferimento la smettesse di “rompere le palle” (cito l’articolo) sarebbe un gesto benvenuto e opportuno.
E cazzuti lo siamo tuttora. Abbiamo preso tanti colpi e altri ne prenderemo, noi come tutti gli eroi là fuori, ma su quel ring ci siamo e la lotta sarà strenua fino all’ultimo colpo. Chi vivrà vedrà».
[fonte: Rolling Stone Italia]