21/10/2023
Eccolo qui, "L'Infinito" di Leopardi, scritto di suo pugno. Proviamo ad immaginare un attimo?
Sono le parole scritte da un ragazzo di 21 anni che poco tempo prima aveva tentato una fuga da Recanati e dall'oppressione di suo padre, il conte Monaldo, ma senza successo.
Cosa prova in quel momento?
Forse rabbia, delusione, impotenza.
Giacomo si sfoga scrivendo versi, tra cui L'Infinito.
Vuole spaccare il mondo, in fondo è un ragazzo pieno di desideri. Vuole essere fuori dagli schemi e questo si vede nella struttura della poesia stessa: 15 endecasillabi sciolti (non rimati).
Fino a quel momento uno dei generi metrici più importanti (dai tempi di Dante) era il sonetto, un componimento formato da 14 endecasillabi rimati.
Lui va oltre, non scrive la solita poesia, la inventa.
Si siede davanti la finestra, come sempre, e inizia a scrivere. «[...] E questa siepe, che da tanta parte / dell'ultimo orizzonte il guardo esclude»: la siepe è il conte Monaldo che non gli permette di vedere il mondo. È lui l'ostacolo, come la siepe.
Giacomo può solo immaginare come possa essere il mondo e questo gli dà pace.
Gli anni che verranno saranno un po' duri per lui. Quel mondo che tanto immaginava e desiderava deluderà le sue aspettative. Eppure è curioso il fatto che la sua vicenda poetica si concluda con un'altra immaginazione, la ginestra che rinasce.
Probabilmente alla fine aveva capito che per stare mondo basta un pizzico di immaginazione.
Il mondo va sempre avanti, è uguale per tutti.
Dobbiamo essere noi a dare un senso alla vita. Dobbiamo immaginare di avere la stessa forza della ginestra che, nonostante le avversità, riesce a vivere.
Proviamo ad immaginare un attimo?
Dario Padalino ✍️
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