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08/12/2024
(✏️ Velia Alvich) Ha battuto «prezzo dinamico» ed «romantasy». Ma non hanno resistito neppure parole come «demure» (che era diventato un trend questa estate, come avevamo raccontato qui), «slop» (cioè le opere create da un'intelligenza artificiale, di bassa qualità o inaccurate, distribuite online in maniera pervasiva) e «lore» (il bagaglio di conoscenze necessarie per capire qualcosa).
Nessuno di queste è riuscita a strappare il primato a «brainrot», il cervello che marcisce per il consumo di contenuti in modo passivo, continuato, senza volontà propria. Oggi «brainrot» ha vinto il premio più prestigioso per i neologismi, cioè la «Oxford word of the year» per il 2024 (mentre in Australia avevano preferito «ensh*ttification», l'«immerdificazione» inventata da Cory Doctorow).
La definizione ufficiale è la seguente: «Il presunto deterioramento dello stato mentale o intellettuale di una persona, visto soprattutto come il risultato di un consumo eccessivo di materiale (ora in particolare di contenuti online) considerato banale o poco impegnativo».
Insomma, l'atto di scrollare contenuti sui social in maniera passiva. Il pollice che scorre in verticale sullo schermo per passare da un video da dieci secondi a uno da cinque. Così per ore intere. Un utente con il «brainrot» è quasi uno zombie. 👉 L'articolo prosegue sul sito del Corriere