22/10/2024
Uno splendido racconto della masterclass "Salire in Carozzi! In viaggio nei formaggi della Valsassina, tra tradizione e innovazione" che si è tenuta sabato durante FORME IN ITALY!
Era una giornata di autunno, l’aria frizzante di Bergamo, assieme con qualche goccia d'acqua, portava con sé l’eco delle montagne e delle valli. All’interno di una sala affollata ma comunque intima, in Città Alta, si svolgeva una scena che univa il meglio di due mondi: i formaggi della Valsassina e i vini della Valpontida, in un incontro che celebrava la terra e le sue ricchezze, la fatica e la maestria dell’uomo. Da una parte, il caseificio Carozzi di Pasturo con i suoi formaggi vanto di quella valle che pare accompagnare il Lago di Como a partire da Lecco andando in su fino quasi a Colico, dall’altra Tosca Vini Bio di Pontida, con le sue bottiglie che sapevano di passione e rinnovata tradizione.
La sala, ben illuminata, era disposta come un piccolo teatro gastronomico: ad un estremo, sul grande tavolo, facevano bella mostra i formaggi della Valsassina, ognuno con la propria storia e la propria personalità, ognuno legato indissolubilmente a quelle montagne che avevano forgiato il carattere delle sue paste. Il Taleggio, il primo a essere presentato, emanava un profumo pungente e invitante. La sua crosta sottile, leggermente rosata, raccontava di antichi metodi di lavorazione, tramandati di generazione in generazione. Il Rosa delle Alpi, un formaggio dalla morbidezza quasi vellutata, con una dolcezza che richiamava i fiori di montagna, era invece un’espressione più recente, un omaggio alle vette che sovrastano i pascoli. Ma poi c’erano i due protagonisti più audaci: il Gorgonzola di capra e il Gorgonzola piccante, che sprigionavano aromi intensi e complessi, pronti a sfidare i palati più esperti con la loro forza ben gentile, ma forte.
Accanto, sullo stesso tavolo, facevano capolino le bottiglie di Tosca Vini Bio, ognuna raccontando una storia di vigne accarezzate dal vento, di terreni accidiosi e ricchi, di mani che lavorano con pazienza e rispetto. Tra i presenti, ci si avvicinava curiosi all’EsperimentoUno, un orange wine da uve Solaris. La sua complessità, frutto di una lunga macerazione sulle bucce, richiamava note di agrumi, erbe selvatiche e frutta matura. Accanto a lui, la forza decisa del Rosso del Lupo, un taglio bordolese che univa Cabernet Sauvignon e Merlot in un abbraccio di frutta rossa, spezie e tannini raffinati. Infine, il Bemù Riserva, un vino, espressione pregiata del disciplinare Valcalepio che riposava in barrique per anni, lasciando che il tempo levigasse i suoi spigoli e lo rendesse ricco di profondità e sfumature.
In sala, il pubblico osservava attento, molti prendevano appunti, altri si scambiavano sguardi complici e cenni d’intesa. Era arrivato il momento di assaggiare, di scoprire se quei formaggi e quei vini, così diversi nelle loro origini, potessero trovare un accordo armonico, un dialogo che solo il palato poteva decifrare. Il viticoltore e il casaro spiegavano, con parole attente e misurate, come ogni abbinamento fosse un invito a esplorare nuovi mondi sensoriali.
Era un po' come dare alla platea licenza di sperimentare.
Per Bottiglia dissanguata, il primo abbinamento era tra il Taleggio e il Rosso del Lupo. Il formaggio, con la sua cremosità quasi burrosa, si scioglieva lentamente al palato, mentre il vino, con le sue note di ciliegia e pepe nero riusciva a esaltare le sfumature più delicate del formaggio, creando un’armonia complessa e appagante.
Il secondo abbinamento vedeva Rosa delle Alpi sempre accanto al Rosso del Lupo. Tra sé e sé sorrideva, faceva cenni di approvazione. Sembrava quasi che il formaggio e il vino danzassero insieme, in un ritmo lento e perfetto.
Ma era con il Gorgonzola di capra che si affrontava la vera sfida. Il formaggio, con la sua texture cremosa e il sapore deciso, richiedeva un compagno di carattere. Si scelse EsperimentoUno, l'orange wine: con la sua spina acida e le sue note agrumate, la persistenza, che lo bilanciava perfettamente, ripulendo la bocca e lasciando un piacevole retrogusto di frutta secca e miele.
Infine, il Gorgonzola piccante. Nessuno in sala aveva dubbi che questo formaggio avrebbe chiuso la degustazione con il suo impeto, e così fu. Insieme al Bemù Riserva, il Gorgonzola mostrava la sua potenza, la sua anima profonda, che il vino riusciva a domare senza sminuirne la forza. Il vino, con la sua lunga permanenza in legno, offriva sentori di cuoio, tabacco e prugna secca, che si mescolavano ai toni piccanti del gorgonzola in un contrasto affascinante.
Era un abbinamento che richiedeva attenzione, che non si lasciava comprendere al primo assaggio, ma che premiava chi sapeva ascoltare con pazienza.
Mentre i bicchieri si svuotavano e i piatti venivano ripuliti, nella sala si diffondeva un senso di appagamento, di soddisfazione. Era stato un viaggio tra le montagne e le vigne, un’esperienza che andava oltre il semplice assaggio. I formaggi della Valsassina e i vini della Valpontida avevano dimostrato che, seppur nati da terre diverse, potevano trovare un’armonia, un equilibrio che rendeva onore alla loro storia e alla loro natura.
E chi ci ferma più, pensavano in molti, mentre la giornata volgeva al termine, consapevoli che quelle sensazioni, quei sapori, sarebbero rimasti impressi a lungo nella memoria.
(Per il Progetto FORME , al Circolino Città Alta di Bergamo, i vini di Azienda Agricola Tosca membro dei Viticoltori Val Pontida con i formaggi della Valsassina di Carozzi Formaggi )