Il giardino di Wiam

Il giardino di Wiam Feste ed eventi per adulti e bambini. Attività ludiche e comunicative per un apprendimento interatt
(38)

18/08/2023

Se l'avevi combinata grossa..ti toccava subirla..ma non si chiamava "violenza su minore" la chiamavano: "educazione".
Poi, hanno inventato le facoltà di psicologia, sociologia, pedagogia, ecc...e sta scomparendo l'educazione !
(Web)

28/06/2023
28/06/2023

👏👏🍾🍾🥂🥂

Un ringraziamento particolare a Giorgia rappresentante di classe dell’ultimo anno di scuola materna dell’istituto Elio V...
28/06/2023

Un ringraziamento particolare a Giorgia rappresentante di classe dell’ultimo anno di scuola materna dell’istituto Elio Vittorini per averci scelto come location per festeggiare questo evento speciale!!! 😊😊 Auguri a tutti i bimbi per la nuova avventura🎓🎓 📜

28/06/2023
25/06/2023

Ancora un grazie speciale alla Vulcano animazione che come sempre rende unica e speciale ogni festa!! 😊😊😊

03/04/2023

In occasione del 2 aprile, giornata mondiale della consapevolezza sull'autismo, ti proponiamo due letture scelte. Vogliamo cominciare da un messaggio

13/03/2023

Soffro di disturbi dell’attenzione.

A scuola, da bambino, quando eccellere significava conformarsi, starsene seduti zitti e composti, studiare risme di informazioni all’apparenza tutte uguali, questa parte di me era una maledizione. Mi faceva sembrare un buono a nulla. Uno senza speranza. Un fallito.

Oggi sono il CEO di una delle organizzazioni umanitarie in più rapida espansione in Italia, Still I Rise, grazie alla quale diamo lavoro a quasi 150 persone in Italia e nel mondo, contribuendo milioni di euro ad alcune delle economie più depauperate del globo. È proprio questa mia mente bizzarra a permettermi di innovare, di alterare gli equilibri, di lavorare su più fronti contemporaneamente per trovare soluzioni nuove a problemi vecchi come il mondo. È proprio ciò che più mi rendeva “strano”, “sbagliato” o “inadatto” agli occhi della gente a essere diventato la mia risorsa più grande.

“Pensatore sottosopra”, ecco come si definiscono le persone come me negli ambienti accademici oggi. Vent’anni fa? Vent’anni fa eravamo solamente dei piantagrane, delle delusioni, delle patate bollenti, delle seccature. Ma il mondo di oggi non è più quello di 20 anni fa, per fortuna, e oggi sappiamo che alcuni tipi di neurodiversità, se capite, accolte e stimolate, possono rivelarsi ancor più efficaci di molte cosiddette “neurotipicità”. Gli studi dimostrano che il disturbo dell’attenzione può nascondere in realtà uno spiccato istinto creativo e di risoluzione dei problemi, la capacità di rispondere alle crisi con maggiore controllo di sé, la propensione all’intrepidezza e all’imprenditoria e una predisposizione all’intuitività e all’attenzione al dettaglio.

Sempre più leader nel mondo ammettono di avere neurodivergenze, tra cui i disturbi dell’attenzione, senza più vergogna ma come un dato di fatto: il loro successo, in molti casi, deriva proprio da questa anomalia. E se il mondo negli ultimi 20 anni è riuscito a evolversi, perché la scuola è ancora ferma al controllo e all’uniformità?

È quindi agli insegnanti, ai presidi e agli educatori che mi rivolgo oggi, non solo in qualità di ex-studente che tanto ha sofferto sui banchi di scuola ma soprattutto come collega e insegnante a mia volta: solo quando riusciremo a immaginare una scuola in grado di costruire, anziché l’uniformità, la sovversione dello status quo, potremo davvero cambiare il mondo. Solo se sapremo riconoscere in ogni studente un patrimonio irripetibile di talento e potenziale potremo crescere un’umanità più felice. Solo quando avremo il coraggio di immaginare un futuro veramente inclusivo partendo da un presente più gentile, allora riusciremo a vivere in un mondo di pace e armonia, dove il diverso sia accolto come prezioso anziché schiacciato come non conforme. Noi di Still I Rise stiamo testando un Metodo Educativo nuovo, che punta, anziché al controllo, al rigore e all’obbligo, alla ricerca dell’universale attraverso il particolare, all’individualità culturale, emotiva e psicosociale di ogni bambino e, dunque, a un’eccellenza cercata all’interno, e non al di fuori, di ogni studente.

E se ti sembra utopia, è solo perché ti hanno abituato a guardare le sbarre anziché il giardino, bellissimo, poco più in là. Te lo dice uno dei tanti proverbiali pesci a cui avevano detto che per vincere bisognava scalare gli alberi, fin quando poi mi sono accorto dell’oceano, immenso, che mi aspettava dietro l’angolo. E così ho capito di non essere “sbagliato”, solo diverso, e ora apro Scuole in cui la diversità non è ostacolata ma premiata, così che nessun bambino debba più sentirsi un fallito o rimanere indietro.

24/02/2023

È il 1990 a Baltimora, Maryland. Un giorno la maestra d'asilo convoca d'urgenza mamma Deborah, per tutti Debbie.
"Michael non riesce a stare seduto, non sta mai tranquillo, non riesce a focalizzare" dice la maestra.
"Forse è solo annoiato" risponde Debbie.
"Impossibile. Si rassegni, semplicemente suo figlio non è dotato, non sarà mai in grado di focalizzarsi su nulla" sentenzia la donna senz'appello.

Il bambino in questione, quel Michael, di cognome fa Phelps, ha 5 anni, è cresciuto senza padre in una famiglia interamente femminile, insieme alla madre e alle due sorelle, e fino a quel momento non ha quasi mai messo piede in una piscina. Quando lo fa per la prima volta, è talmente terrorizzato all'idea di ba****si la faccia, che l'istruttore è costretto a insegnargli il dorso. Michael ha un talento innato, ma discontinuo. A scuola non va meglio. Tutte le sue insegnanti ripetono a Debbie sempre le stesse cose: "Non riesce a concentrarsi in nessun compito", "non è portato per questa o quella materia", "infastidisce il compagno di banco". Debbie allora decide di sottoporlo a una visita specialistica. La diagnosi è chiara: ADHD o DDAI, meglio noto come Disturbo da deficit di attenzione/iperattività.

Ma Debbie, oltre ad essere una mamma, è anche insegnante e preside. E si mette in testa di dimostrare a tutti che sbagliano. "Sapevo che, se avessi lavorato duro con Micheal, lui avrebbe potuto raggiungere tutti gli obiettivi che si fosse prefissato.” Lavora a stretto contatto con le insegnanti di Michael e, ogni volta che una di loro le dice "non riesce a fare questo", lei risponde: "Bene, cosa possiamo fare per aiutarlo?" Di fronte alle sue difficoltà con la matematica, gli trova un tutor e un metodo che susciti l'interesse di Michael, con problemi di questo tipo: “Quanto tempo impieghi a nuotare per 500 metri se nuoti ad una velocità di 3 metri al secondo?”.

Trasforma i limiti di suo figlio in opportunità. Ogni volta che lui ha uno scatto di rabbia o di frustrazione in piscina, lei dagli spalti gli fa un segnale convenzionale a forma di C che, nel loro linguaggio privato, significa "Ricomponiti".

Michael migliora a scuola, mentre in vasca è già un piccolo squalo: a 11 anni, è più forte e veloce di qualsiasi altro suo coetaneo che abbia mai nuotato negli Stati Uniti. Debbie viene, allora, convocata per il secondo colloquio più importante della vita di Michael. Questa volta non è una maestra d'asilo ma il suo allenatore, Bob Bowman. È il maggio del 1996.

"Signora, ora le dico cosa succederà" esordì. "Nel 2000 Michael parteciperà ai Trials olimpici. Non so se conquisterà la convocazione, ma sicuramente farà parlare di sé. E nel 2004 sarà senza dubbio un atleta che vincerà delle medaglie olimpiche. E saremo solo all’inizio”.

Bob sbagliava. Nel 2000, a Sydney, non solo Michael si qualificherà nei 200 metri farfalla, ma raggiungerà la finale, classificandosi al quinto posto, sfiorando il podio e una medaglia. Aveva 15 anni appena compiuti. Da quel giorno, per i successivi 16 anni, Phelps conquisterà 83 medaglie, di cui 66 d'oro, 28 olimpiche, 33 iridate, in otto diverse discipline, diventando, nel 2008 a Pechino, l'atleta con più ori (otto) in una sola edizione della storia dei Giochi e, per distacco, il nuotatore più vincente di ogni tempo, oltre a uno degli sportivi più forti di ogni sport o epoca.

Quel campione inarrivabile e icona planetaria è stato un bambino con deficit dell'attenzione diagnosticato, come decine di milioni di altri bambini come lui in tutto il mondo. Con la sola fortuna di avere avuto al suo fianco una donna e una professionista che non lo ha mai giudicato, né giustificato, ma lo ha spinto a ti**re fuori il proprio talento dove altri vedevano solo disturbi, disattenzione e iperattività. Avrebbe potuto rassegnarsi, come le aveva consigliato la sua prima maestra d'asilo. Invece Debbie ha deciso di fare qualcosa di molto più lungo e faticoso: credere in suo figlio.

Forse nessuno di quei milioni di bambini diventerà mai Michael Phelps - che importa? - ma dietro lo stigma di una diagnosi e di un giudizio senz'appello, ci sono persone con talenti e capacità fuori dal comune in qualunque ambito o professione. A volte quello che manca è solo qualcuno disposto a vederli e a riconoscerli. Una come Debbie Phelps, per esempio.

16/01/2023

“QUELLO CHE CI SIAMO SENTITI DIRE DA BAMBINI:

stai fermo, muoviti, fai piano, sbrigati,
non toccare, stai attento, mangia tutto,
lavati i denti, non ti sporcare, ti sei sporcato, stai zitto, parla t’ho detto, chiedi scusa, saluta, vieni qui, non starmi sempre intorno, vai a giocare, non disturbare, non correre, non sudare, attento che cadi,
te l’avevo detto che cadevi, peggio per te, non stai mai attento, non sei capace, sei troppo piccolo, lo faccio io, ormai sei grande, vai a letto, alzati, farai tardi, ho da fare, gioca per conto tuo, copriti, non stare al sole, non si parla con la bocca piena.

QUELLO CHE AVREMMO VOLUTO SENTIRCI DIRE DA BAMBINI:

ti amo, sei bello, sono felice di averti, parliamo un po’ di te, troviamo un po’ di tempo per noi, come ti senti, sei triste, hai paura, perché non hai voglia, sei dolce, sei morbido e soffice, sei tenero, raccontami, che cosa hai provato, sei felice, mi piace quando ridi, puoi piangere se vuoi, sei scontento, cosa ti fa soffrire, che cosa ti ha fatto arrabbiare, puoi dire tutto quello che vuoi, ho fiducia in te, mi piaci, io ti piaccio, quanto non ti piaccio, ti ascolto, sei innamorato, cosa ne pensi, mi piace stare con te, ho voglia di parlarti, ho voglia di ascoltarti, quando ti senti più infelice,
mi piaci come sei, è bello stare insieme, dimmi se ho sbagliato”.

Elena Gianini Belotti

📌 Mi fa molto riflettere questo scritto della pedagogista Elena Gianini Belotti, quante volte ci siamo sentiti ripetere certe frasi, come un disco rotto quando eravamo piccoli... alcune sono giuste, vanno dette perché rientrano nell’educazione positiva, insegnano regole sane, ma con che tono come bambini le abbiamo ascoltate? E come adulti oggi con che tono le pronunciamo?
Altre frasi invece invece dovremmo evitarle, completamente. Fanno male.

E se leggiamo invece il secondo pezzo, quante di quelle frasi diciamo ai bambini? (O ci siamo sentiti dire da piccoli) Con che frequenza? Con che intonazione della voce? Con che sguardo e mimica facciale?

A volte le cose più semplici sono le più complesse... vale la pena pensarci un po’ su, per non ripetere… per rimediare. 💕 VS

♥️
11/09/2022

♥️

Si riprende a pubblicare per un evento molto speciale la Laurea di Eugenia 🎓ancora congratulazioni ♥️
20/06/2022

Si riprende a pubblicare per un evento molto speciale la Laurea di Eugenia 🎓ancora congratulazioni ♥️

17/01/2022

Quando ti rispondo con gentilezza
impari che la gentilezza è la via.
Quando ti abbraccio mentre piangi,
capisci che la tristezza non rimane.
Quando mi chiami nella notte
e mi chiedi se posso rimanere a tenere lontano le cose spaventose e io mi corico accanto a te, impari la fiducia.
Quando ti parlo dolcemente
invece di alzare la voce,
tu impari, piccola mia,
che si ha sempre una scelta.
E prenderai questa gentilezza,
e questa dolcezza, insieme alla fiducia,
l'amore, la speranza,
e tutto ciò che hai conosciuto,
le prenderai e le trasmetterai.
La bellezza sta nel donare grazia.
Quando la paura è sostituita dall'amore,
il mondo diventa un posto migliore.

*Rebecca Eanes

I bambini imparano quello che vivono.

Illustrazione dal web

16/11/2021

Un bambino risponde «grazie» perché ha sentito che è il tuo modo di replicare a una gentilezza, non perché gli insegni a dirlo.

Un bambino si muove sicuro nello spazio quando è consapevole che tu non lo trattieni, ma che sei lì nel caso lui abbia bisogno di te.

Un bambino quando si fa male piange molto di più se percepisce la tua paura.

Un bambino è un essere pensante, pieno di dignità, di orgoglio, di desiderio di autonomia, non sostituirti a lui, ricorda che la sua implicita richiesta è «aiutami a fare da solo».

Quando un bambino cade correndo e tu gli avevi appena detto di muoversi piano su quel terreno scivoloso, ha comunque bisogno di essere abbracciato e rassicurato; punirlo è un gesto crudele, purtroppo sono molte le madri che infieriscono in quei momenti. Avrai modo più tardi di spiegargli l’importanza del darti ascolto, soprattutto in situazioni che possono diventare pericolose. Lui capirà.

Un bambino non apre un libro perché riceve un’imposizione (quello è il modo più efficace per fargli detestare la letteratura), ma perché è spinto dalla curiosità di capire cosa ci sia di tanto meraviglioso nell’oggetto che voi tenete sempre in mano con quell’aria soddisfatta.

Un bambino crede nelle fate se ci credi anche tu.

Un bambino ha fiducia nell’amore quando cresce in un esempio di amore, anche se la coppia con cui vive non è quella dei suoi genitori. L’ipocrisia dello stare insieme per i figli alleva esseri umani terrorizzati dai sentimenti.

«Non sono nervosa, sei tu che mi rendi così» è una frase da non dire mai.

Un bambino sempre attivo è nella maggior parte dei casi un bambino pieno di energia che deve trovare uno sfogo, non è un paziente da curare con dei farmaci; provate a portarlo il più possibile nella natura.

Un bambino troppo pulito non è un bambino felice. La terra, il fango, la sabbia, le pozzanghere, gli animali, la neve, sono tutti elementi con cui lui vuole e deve entrare in contatto.

Un bambino che si veste da solo abbinando il rosso, l’azzurro e il giallo, non è malvestito ma è un bambino che sceglie secondo i propri gusti.

Un bambino pone sempre tante domande, ricorda che le tue parole sono importanti; meglio un «questo non lo so» se davvero non sai rispondere; quando ti arrampichi sugli specchi lui lo capisce e ti trova anche un po’ ridicola.

Inutile indossare un sorriso sul volto per celare la malinconia, il bambino percepisce il dolore, lo legge, attraverso la sua lente sensibile, nella luce velata dei tuoi occhi. Quando gli arrivano segnali contrastanti, resta confuso, spaventato, spiegagli perché sei triste, lui è dalla tua parte.

Un bambino merita sempre la verità, anche quando è difficile, vale la pena trovare il modo giusto per raccontare con delicatezza quello che accade utilizzando un linguaggio che lui possa comprendere.

Quando la vita è complicata, il bambino lo percepisce, e ha un gran bisogno di sentirsi dire che non è colpa sua.

Il bambino adora la confidenza, ma vuole una madre non un’amica.

Un bambino è il più potente miracolo che possiamo ricevere in dono, onoriamolo con cura.

Giorgio Gaber 🖤
“Non insegnate ai bambini”

30/08/2021

Quanti di voi sanno che farsi aiutare dai figli nelle faccende domestiche, oltre ad aumentare la loro autostima e renderli orgogliosi di loro stessi, li aiuta a diventare adulti di successo? Quindi…

30/07/2021

Gli anni dell'infanzia segnano, e ti segnano indelebilmente. Ti segnano soprattutto se sei una bambina. Una bambina sensibile e sognatrice. Una di quelle che vedono sempre il lato positivo della vita. Una di quelle che,

28/05/2021

Malala Yousafzai è un'attivista pakistana, già Nobel per la Pace per l'impegno per il diritto all'istruzione. Questa biografia ne ripercorre la storia.

Cosa ce ne facciamo dei ragazzi che prendono 10, 9, 8 a scuola se non sono in grado di intervenire quando viene fatto de...
17/05/2021

Cosa ce ne facciamo dei ragazzi che prendono 10, 9, 8 a scuola se non sono in grado di intervenire quando viene fatto del male ad un compagno, quando hanno delle prestazioni eccezionali ma non hanno strumenti per aiutare un loro amico e riconoscere un bisogno. Si punta troppo sulle prestazioni e troppo poco sui sentimenti, troppo egoismo e impoverimento emotivo.

Un figlio prima deve diventare un uomo inteso “persona con valori”. Non puntiamo solo sulle prestazioni

Indirizzo

Via Giuseppe Martucci 39
Catania
95100

Sito Web

Notifiche

Lasciando la tua email puoi essere il primo a sapere quando Il giardino di Wiam pubblica notizie e promozioni. Il tuo indirizzo email non verrà utilizzato per nessun altro scopo e potrai annullare l'iscrizione in qualsiasi momento.

Contatta L'azienda

Invia un messaggio a Il giardino di Wiam:

Video

Condividi


Altro Locale per spettacoli ed eventi Catania

Vedi Tutte