03/11/2023
La mattina del 3 novembre 1943, tra le ore 10.20 e le ore 10.40, un gruppo di B-24 Liberator del 12° Stormo dell'Aviazione USA sorvolò i cieli di Ceccano, sganciando una pioggia di bombe che distrussero totalmente Borgo Pisciarello, la millenaria chiesa di San Pietro, parti significative del centro storico, lasciando a terra in un solo giorno 18 persone. Tra le testimonianze raccolte 20 anni fa, quando girammo il doc "Ore Dieci e Quaranta", ci resta indelebile, fissa, quella di Mario Cristofanilli, la cui famiglia pagò in un solo giorno il "pedaggio" più pesante al conflitto. Ne riportiamo il testo:
MARIO CRISTOFANILLI
“L’8 settembre, quando ci fu l’armistizio, ero sul fronte come soldato, ma pensando che la guerra fosse finita me ne tornai a casa. Il 3 novembre è stato un macello. Non ci rendevamo conto di niente, eravamo tutti storditi. Io sapevo cosa significava subire un bombardamento, perché da militare, al porto di Civitavecchia, ne avevo visto uno. Passavano prima gli aerei lanciando delle stelline di avvertimento, poi ripassavano con le bombe. Sapendo come funzionava, quando vidi i segnali detti la voce ai vicini. Presi una bambina che stava lì per strada, tra l’altro quella bambina adesso è nonna e abita di fronte casa mia. Non c’erano i nostri genitori. Io e mio fratello stavamo preparando una pizza con la verdura in padella, poi al segnale prendemmo chi potevamo e scappammo al ricovero. C’era mia sorella quel giorno. Lei non viveva a Borgo Pisciarello, fino a due giorni prima era stata con la famiglia in un ricovero a via Marano. Era tornata quel giorno perché lì erano arrivati i tedeschi e aveva paura. Quella mattina dopo l’allarme prese suo figlio e lo stava portando al ricovero, ma arrivò la bomba. Fu la prima persona che vidi dopo il bombardamento, quando andai a scavare tra le macerie. Da una parte vidi un suo mezzo busto, poi mi voltai e c’era poco distante l’altra metà. In un angolo un bambino mi chiamava con voce flebile “Zio Mariù”, ma aveva una grossa ferita alla testa. Lo presi e lo spostai. Poi tornai a cercare gli altri. Trovai altri tre bambini morti dentro casa mia, due erano miei nipoti, l’altro era un vicino. Poi tornarono gli anziani e gli adulti, e iniziarono anche loro a scavare. Mio padre trovò i corpi della sorella, del cognato, altri tre bambini, un’altra donna che viveva lì vicino. In totale trovammo 11 persone morte. Successe tutto in un attimo. Mia madre era andata in campagna, dalle parti della stazione, vide tutta la scena a distanza. Corsero subito su verso casa ma era troppo tardi. Trovarono un pianto amaro. Poi mentre stavamo scavando, vennero dei soldati tedeschi e cercarono di portare via mio padre e altre sei o sette persone che lo stavano aiutando. Mio padre disse loro “Ma perché mi volete portare via? Io sono vecchio”, così lo lasciarono. Gli altri però vennero portati sul fronte a Terracina, per scavare le buche da usare come ricoveri. Ai tedeschi era stato detto in piazza, da uno che faceva il sindaco, di scendere a Borgo Pisciarello perché c’erano degli uomini che scavavano tra le macerie. Comunque, furono momenti tristi. Poi dopo la guerra, nel borgo chi ha voluto ricostruire ha ricostruito, anche mio padre. Io però decisi di andarmene da un’altra parte., perché lì non sarei mai più riuscito a dormire.”