15/08/2024
Giocavano le nuvole, quel giorno, a nascondere il sole per regalarci l’ombra mentre risalivamo la valle, il fiume a sinistra a scorrere placido tra rocce ed arbusti umidi e a destra monti, quei monti verso cui sapevamo di dover andare e che avremmo faticato, prima o poi, per salirci su. Allegro il passo in piano, una croce ammicca da lassù, il sole velato, non si muove una foglia, oggi, mentre puntiamo decisi il bosco e le rocce da graffiare con gli scarponi, allegro il passo in salita solo un po’ più sudato ed affaticato, ma di voglia ne abbiamo, e ne abbiamo molta, oggi, mentre puntiamo decisi all’alto. Pause e passi, passi e pause, respiri e sorrisi e tirati, ma quando spiana, da queste parti?
Ci dividiamo ad un certo punto, il Passo seleziona le gambe più forti e chi di una croce da sfiorare non riesce a fare a meno nemmeno quando la croce non è meta né passaggio ma deviazione da faticare assai. Quella stessa croce che ammiccava da lassù mentre noi eravamo laggiù, allegro il passo in piano, deciso ora mentre saliamo, quasi marziale nelle nuvole basse che la croce la nascondono ma sappiamo che c’è, lì, da quale parte.
Seguiamo il sentiero, decisi puntiamo al brillio metallico finchè non ci sbattiamo contro capendo che lì, ed esattamente lì, finiva la fatica. O forse no. Forse la prima, forse la più dura. Una stretta di mano, qualche abbraccio sudato. Si apre il mondo di fronte a noi a ricordarci il motivo della fatica e del perché, noi, zaino in spalla, non ci diamo per vinti. Mai.
Veloce la discesa, non più la croce ma il rifugio ammicca da lassù, chissà perché ciò che è bello e che desideriamo sta sempre in alto. Chissà perché.
Una chiesetta appollaiata su uno sperone roccioso. Disegnata e perfetta nella sua forma contro il cielo azzurro, nascosto a sprazzi dalle nuvole che giocano, oggi, a nascondere il sole. Un sentiero ci aspetta ed un’altra salita, l’ultima per oggi. Profumo di birra immaginato, profumo di buono portato dal vento, profumo di casa nel cuore e negli occhi. Ci siamo, siamo tornati, l’avevamo promesso, qualche tempo fa. Ed eccoci qua. Un tavolato che rimbomba degli ultimi passi pesanti prima di togliere scarponi, zaini e stanchezze dalle spalle. Gli abbracci son veri, da queste parti. E forti. E gialli come le maglie dei padroni di casa. Son proprio felice di essere ancora qua, sai? E son felice di esserci insieme a questo squadrone di amici che, nemmeno oggi, hanno mollato un passo ed un centimetro alla montagna.
E’ quasi sera ed è quasi sera, ci sono tende da mo***re, c’è un accampamento da preparare per la notte che arriva veloce, s’abbassa l’aria e la temperatura, teli e picchetti e tiranti e martellate decise a piantare picchetti come dovessimo stare qui per una battaglia intera, non una notte sola.
Le nuvole non giocano più a nascondere il sole perché il sole non c’è più, adesso, ma stelle. A decine, centinaia, migliaia, milioni, miliardi. Ecco, volevate la stellata? E stellata fu. Anche meno, eh! Chè a contarle tutte mica ce la faremo, in una notte soltanto. Meglio concentrarsi su quelle cadenti, che dici? Vista annebbiata dal buon vino e dalle volute di fumo di un braciere che arde, a me sembra cadano tutte, a me sembra si muovano in cerchio o forse sono io che giro, gira la testa e girano i pensieri, si muove il mondo e si muovono le dita di un musicista sulle corde di una chitarra, note nella notte e canticchiare sommesso a non svegliare le stelle che ammiccano da lassù. Chissà perché ciò che è bello e che desideriamo sta sempre in alto. Chissà perché.
Le note giuste, la giusta alchimia, la giusta temperatura. E’ tutto giusto, questa sera.
Sguardo al cielo e alle stelle, orecchie tese a sentire respiri e fruscii e corpi stanchi che si abbandonano al sonno senza colpo ferire, una sconfitta veloce ed indolore, hai vinto tu, stasera. Non potevamo combattere di più, arriva la resa, si chiudono gli occhi, si spengono le stelle sopra questo telo umido di notte. Ma domani è un altro giorno.
L’alba non la ricordo, ma l’ho immaginata prima di vederla in foto. Un’alba dai colori belli, profili di montagne tra noi e il sole che si alza deciso in un movimento vecchio di milioni e milioni di anni, non un centimetro più a destra e non uno a sinistra finchè giorno non è. Chissà perché ciò che è bello e che desideriamo sta sempre in alto. Chissà perché.
Occhi cisposi di sonno, membra intorpidite, umido fin dentro le ossa ma ci pensa il sole ed il caffè a sistemare tutto e ridare vita a questo giorno che parte veloce verso il lago, il bagno rinfrescante, le nuvole giocano ancora a nascondere il sole, pelle nuda e pelle d’oca, sassi scoperti lì dove c’era acqua fino a poco tempo fa, anche il lago si arrende al caldo, con il caldo che fa.
Eravamo in tanti, quel giorno. Forse troppi, per qualcuno, ma tant’è.
Al bello non c’è fine e puoi arginare un fiume finchè il fiume non decide di fare la voce grossa.
Si può dire basta alla bellezza quando questa ci cade addosso come una cascata?
Ci si può ubriacare di meraviglia senza vomitare tutto il giorno dopo?
Si può stare meglio dello stare bene?
E’ vero che quassù si sta meglio che laggiù?
E Casa, infine, dov’è?
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Rifugio Mirtillo 🧡