24/12/2022
7️⃣ La Màsera, storie di contadini e cooperazione. Settima puntata.
Briciole di memorie
Dubito si possa ancora sentire la viva voce delle "tabachine o tabacare" della Màsera ma qualche testimonianza diretta è rimasta.
🌱Mi raccontava ad esempio Gianpaolo Martina, neuropsichiatra infantile e grande esperto di pellagra - malattia tremenda che afflisse la valle fra il '700 e l'800 - delle tante foglie di tabacco messe ad asciugare nei prati intorno alla Màsera. Un ricordo vivissimo di un ragazzino che nell'estate del '51 era in vacanza a Levico.
Oppure briciole di memorie di alcune anziane che hanno avuta la fortuna di essere trascritte, come i momenti di divertimento in fabbrica delle giovani. Leggiamo ad esempio in "Levico" di Giampaolo Andreatta e Paolo Graziadei: "Quelle scale così lunghe che dovevamo salire portando ceste di tabacco verde (70 - 80 kg). Ma la discesa, poi, era tutta una volata: una ragazza sdraiata nella cesta e l'altra che tirava; così la fatica e l'allegria si facevano compagnia. Salvo non trovate in fondo alla scala Achille Gaigher, nostro capo..."
🔸️Un lavoro delicato e specialistico quello delle "tabacare", tutto al femminile perché i pochi uomini presenti e rimasti dopo la guerra erano addetti alla gestione e al controllo, con un paio di militari della Guardia di Finanza che risiedevano perennemente nell'edificio. E pure pericoloso quando dovevano percorrere le precarie passerelle di legno, senza alcuna protezione, per appendere, distendere e curare i mazzi di foglie alle "cantinele" più alte. Parliamo di più di 7 metri nel sottotetto, vicino alle tegole.
☀️A fine estate, quando i contadini portavano il raccolto, già bello impacchettato (e guai a fare una piega sulle foglie), le tabacare agili e veloci lo caricavano sulle "ziviere" (portantine) o in grossi e pesanti cesti ovali; poi su, piano dopo piano, a stipare tutto l'edificio di foglie appese, separata e infilzate una ad una con dei grossi aghi lungo la nervatura centrale. Lì restavano, controllate giornalmente, ad appassire. E andava alla grande se il tempo era asciutto e ventoso. Ma se virava a pioggia era una sinfonia di mesti "splash" eseguita dalle foglie marce che cadevano dalle "cantinele".
❄Questo fino all'inverno, quando le foglie ormai secche venivano accatastate nelle "masere" e girate ad una ad una dalle tabacare più esperte nell'attesa di prendere la strada per Rovereto dove sarebbero diventate sigari, si*****te e quant'altro. All'uscita dal lavoro, a mezzodì o alla sera, c'era la solita perquisizione perché nessuna foglia doveva lasciare l'edificio. L'unica cosa che le tabacare si portavano via era l'aroma del tabacco che le accompagnava lungo la strada di casa, fatta ovviamente a piedi.
🔹️Ma se abbiamo ancora qualche testimonianza diretta delle "tabacare", di chi si occupava dei "cavaleri", o bachi da seta, resta solo il ricordo scritto. E uno mi ha particolarmente colpito; è quello di una bimba che racconta la dolcezza di una vita semplice, povera di mezzi ma non di calore umano. Una testimonianza commovente e preziosa che descrive una società e dei valori che non possono essere dimenticati.
👧🏼 La storia - che assomiglia più ad una favola - inizia da una mamma che porta a casa a metà maggio una bustina con un'oncia di "somenze" per la "cova" (così erano chiamate le uova dei bachi, per come erano minuscole).
Le mette sotto il lenzuolo nel letto della nonna Celestina per tenerle al caldo e farle schiudere. Di notte in quel letto la nonna ci dorme, ma durante il giorno la bambina deve sostituirla e restare immobile per delle ore, anche se sente le grida dei compagni che giocano e la chiamano. E, con l'ingenuità dei piccoli, ci racconta che più di una volta, stufa di "covare", di nascosto e piano piano sgattaiolava fuori dal letto per correre in cortile a giocare. Chissà come avrà preso la mamma un tale ammutinamento.
🐛Perché la "cova" durava ventuno giorni, e guai a sgarrare, altrimenti le uova non si schiudevano ed erano guai per i tanti contadini i cui bozzoli erano l'unica reale fonte di guadagno annuo. Per quaranta giorni tutta la vita della famiglia veniva sconvolta e ruotava intorno a quei bruchi, alle loro quattro "levate" (o mute) e al loro insaziabile appetito. Molti lasciavano alle bestiole sui loro "taoloni" l'intera camera da letto, in attesa che diventassero belle pingui, pronte ad essere delicatamente deposte nel "bosco", un intreccio di fascine e sarmenti costruito apposta. Lì i bruchi tessevano il bozzolo, la "galeta", che veniva raccolto, pulito e portato in fretta al forno prima che "sfarfallasse" e non avesse più valore.
Da quella piccola busta di "somenze" presa dalla mamma quaranta giorni prima, usciva un quintale di bozzoli, frutto di milioni di foglie e ramoscelli di gelso generosamente raccolti da tutta la famiglia e offerti ai bruchi famelici giorno e notte. Ma bastava un piccolo errore, un'annata inclemente, una malattia, e la miseria si sarebbe fatta davvero nera.
🦋 L'aiutarsi, il consigliarsi e sostenersi a vicenda diventava quindi l'unica soluzione per una società rurale, la Lega Contadini una ricchezza indispensabile, e rispondere tutti insieme alle vicende della vita, anche a quelle politiche, una necessità.
🔜 Ma questo lo scopriremo la prossima puntata.
📸 Foto 1 (c) Foto Zana