Insegnanti e Tutors dei processi di Apprendimento

Insegnanti e Tutors dei processi di Apprendimento Informazioni di contatto, mappa e indicazioni stradali, modulo di contatto, orari di apertura, servizi, valutazioni, foto, video e annunci di Insegnanti e Tutors dei processi di Apprendimento, Milan.

07/11/2024
07/11/2024

Rendiamo di nuovo GRANDE l’Occidente!

07/11/2024

Lotta all’immigrazione clandestina e taglio delle tasse, radici cristiane e ritorno alla pace, libertà di pensiero e no ai processi politici.
Anche negli USA vincono buonsenso, passione e futuro!

Buon lavoro, Presidente Donald Trump🇺🇸

07/11/2024
06/11/2024

Iniziamo il Cielo quaggiù, questa è la nostra Felice Realizzazione. "Se tu sapessi come Io Sono felice quando Mi chiedete qualcosa ...
Io Sono come un promesso Sposo, felice di portare alla sua amata un cofanetto di splendidi gioielli. Non solo lo Sposo è lieto di offrire i suoi doni, ma la ringrazierebbe anche di averli accettati, se l’osasse e non avesse paura di mostrare il suo troppo amore.
"IO sono qui, Mia Gabrielle ... IO temo che il mio eccesso di amore sia disprezzato: tu comprendi?... che Ferita! ... L'amore disprezzato, deriso ...( " L' Amore non è amato." S.Francesco d' Assisi)
"Oh, come sono grato alle anime che Mi consolano per il rifiuto di altre, e a quelle che Mi chiamano e Mi vogliono! ... DesideraMi spesso, IO vorrei dire sempre, talmente, per Me, è sempre che IO vi aspetto nel Mio Cuore ...
"La Mia figlia Margherita Maria Alacoque lo sapeva e lei Mi ha placato: era come se i nostri due cuori vivessero insieme. Oh! Mia Gabrielle, condividiamo la stessa abitazione sulla terra, perché l’avremo uguale in Cielo!
"Iniziamo il Cielo, questo sarà così dolce per Me ...
"Vuoi rendere tanto felice il tuo Dio Salvatore?
"Allora, che il tuo pensiero corra sempre a Me.
"Sai, un bouquet sontuoso? Il cui profumo è come un timbro di te, offerto, al tuo Sposo. E se tu desideri molto, riceverai molto, e sarà per Me la più grande gioia.
"NascondiMi nel tuo cuore, come se tu potessi sottrarMi così agli insulti dolorosi ... Perché IO ne ricevo, soprattutto nel Mio Sacramento dell'Eucaristia ...
"E lì, riangraziaMI, adora, consola, raccontati, come tante volte IO Mi sono raccontato a te, Mia piccola figlia. Sii ben piccola; più tu sarai piccola, più il tuo Grande Amico ti abiterà. [ E tu sarai Felice, perché La Felicità è Gesù]
Tu vuoi davvero che noi abitiamo insieme? perché IO ho bisogno del tuo permesso ...
"Vedi come IO vi rispetto ... e come IO aspetto che voi Mi invitate. Ah! l'amore ... l'Amore di un Dio! ..." Da: LUI e io - Diario di Gabrielle Bossis Ed.Ares

03/11/2024

Contatta Radio Maria per segnalazioni, informazioni, per aiuto o per avere le risposte a tutte le tue domande

03/11/2024

Buona festa di Ognissanti, noi ringraziamo la nostra ispiratrice che sicuramente, da buona custode e fautrice del pieno compimento di ciascuno nella sua unicità, come garanzia di salute e gioia, conferma che la santità richiede, come significa, di essere “separati” ovvero non condizionati da ciò che accade per restare in sintonia e comunione con il bellissimo progetto che c’è per ognuno di noi!
Buona festa a tutti dall’equipe dell’Accademia 🌷. Dal nostro esperto di S. Ildegarda che tiene per noi vari corsi e seminari sulle ricche proposte per la salute, ecco la “famosa” ricetta dei biscotti della Gioia di S. Ildegarda 👏🏻👏🏻👏🏻😍

I biscotti di S. Ildegarda, utili per modulare l’umore soggettivo, soprattutto in questo periodo in cui il cambio della luce induce disturbi dell’umore e variaibilità accentuata:

Ingredienti:
20gr di cannella; 20 gr di noce moscata, 5 gr di chiodi di garofano, 400 gr di farina di farro spelta, 250 gr di b***o, 150 gr di zucchero di canna, 200 gr di mandorle dolci tritate, 2 uova intere, sale acqua all’occorrenza.
Preparazione:
farina sul piano di lavoro, aggiungere b***o a pezzi. nell’ordine: unire zucchero, mandorle, uova e spezie.
frantumate tutto con il coltello, impastare e tenere al fresco.
dopo 30 minuti, prendete la pasta e fatene dei biscotti spessi 2/3 mm; disporli su una griglia da forno, cuocerli a 180-200° fino all’imbrunitura.
Somministrazione:
3-5 al dì, con caffè di farro o vino alleggerito. Bambini: fino a 2.

Non superare le dosi, perchè l’effetto psicoattivo è efficace con quanto sopra indicato.


www.accademiaildegarda.it

31/10/2024

Gesù Spiega la Lezione sull'Occultismo e i suoi pericoli e come Liberarsi dal male. A Endor. La spelonca della maga e l'incontro con Felice chiamato poi Giovanni.

Maria Valtorta - Evangelo 188 13 giugno 1945.

188.1 Il Thabor è ora alle spalle dei camminatori. Già superato. Per una pianura chiusa fra questo monte ed un altro che è in faccia, il gruppo cammina, parlando dell’ascensione fatta da tutti, per quanto sembra che in principio i più anziani se ne volessero risparmiare. Ma ora sono contenti di essere andati là in cima.
Il cammino è facile perché si è su una via maestra abbastanza comoda. L’ora è fresca perché ho l’impressione che abbiano pernottato sulle pendici del Tabor.
«Quello è Endor», dice Gesù accennando un povero paese aggrappato alle prime elevazioni di quest’altro gruppo montano. «Ci vuoi proprio andare?».
«Se mi vuoi fare contento…», risponde l’Iscariota.
«E andiamo allora».
«Ma ci sarà molto da camminare?», chiede Bartolomeo che per l’età non deve essere molto voglioso di escursioni panoramiche.
«Oh! no! Ma se volete rimanere…», dice Gesù.
«Sì, sì! Rimanete pure. Mi basta andare col Maestro», si affretta a dire Giuda di Keriot.
«Ecco, io vorrei sapere cosa c’è di bello da vedere, prima di decidere… In cima al Tabor abbiamo visto il mare, e dopo il discorso del ragazzo devo confessare che l’ho visto per bene per la prima volta e l’ho visto come vedi Tu: col cuore. Qui… vorrei sapere se c’è da imparare qualche cosa, e allora vengo anche se devo fare fatica…», dice Pietro.
«Li senti? Tu non hai ancora detto le tue intenzioni. Per gentilezza verso i compagni, dille ora», invita Gesù.
«Non è a Endor che Saul volle andare per consultare la pitonessa?».
«Sì. Ebbene?».
«Ebbene, Maestro, mi piacerebbe andare in quel luogo e sentire da Te parlare di Saul».
«Oh! allora ci vengo anche io!», esclama Pietro entusiasta.
«E allora andiamo».
Fanno a passo svelto l’ultimo tratto di via maestra e poi la lasciano per una via secondaria che porta diritta a Endor.

188.2 È un povero luogo, come ha detto Gesù. Le case sono abbarbicate alle pendici che dopo, oltre il paese, si fanno più aspre. Povera gente le abita. Per lo più i cittadini devono esercitare la pastorizia su per i pascoli del monte e fra i boschi di querce secolari. Pochi campicelli di orzo, o simile biada, nei ritagli propizi, e delle piante di melo e di fico. Poche viti intorno alle case, a fare un poco di decorazione sulle muraglie, oscure come questo fosse un posto piuttosto umido.
«Ora domanderemo dove era il luogo della maga», dice Gesù. E ferma una donna che torna con le anfore dalla fontana.
Questa lo guarda curiosamente, poi risponde sgarbata:
«Non so. Ho ben altre cose, più importanti, io, di queste fole!», e lo pianta in asso.
Gesù si rivolge ad un vecchietto che intaglia un pezzo di legno.
«La maga?… Saul?… E chi se ne occupa più? Però, aspetta… C’è uno che ha studiato e forse saprà… Vieni».
E il vecchietto arranca su per una vietta sassosa fino ad una casa molto misera e molto sciatta. «Sta qui. Ora entro e lo chiamo».
Pietro, accennando a del pollame che razzola in un cortiletto sudicio, dice: «Questo uomo non è israelita». Ma non dice altro, perché torna il vecchietto seguito da un uomo guercio, sporco e disordinato, come tutto quanto è della sua casa.
Il vecchietto dice: «Vedi? Quest’uomo dice che è là, oltre quella casa diroccata. Un sentiero, poi un ruscello, poi un bosco e delle caverne; la più alta, quella che mostra ancora delle mura diroccate sul suo fianco, è quella che cerchi. Non hai detto così?».
«No. Hai tutto confuso. Andrò io con questi stranieri». L’uomo ha una voce aspra e gutturale, il che aumenta il senso di disagio.

188.3 Si incammina. Pietro, Filippo e Tommaso fanno segni su segni a Gesù perché non vada. Ma Gesù non dà retta. Cammina con Giuda, dietro all’uomo, e gli altri lo seguono… di malavoglia.
«Sei israelita?», chiede l’uomo.
«Sì».
«Io pure, o quasi, benché non sembri. Ma sono stato molto tempo in altri paesi e ho preso abitudini che questi stolti deplorano. Sono meglio degli altri. Ma mi dicono demonio perché leggo molto, allevo pollame che vendo ai romani e so curare con le erbe. Da giovane, per una donna, mi presi con un romano – allora stavo a Cintio – e lo pugnalai. Lui morì, io vi persi l’occhio e le sostanze e fui condannato all’ergastolo per molti anni… per sempre. Ma sapevo curare, e guarii la figlia di un guardiano. Ciò mi valse la sua amicizia, e un poco di libertà… L’ho usata per fuggire. Ho fatto male, perché l’uomo certo scontò la mia fuga con la vita. Ma la libertà sembra bella quando si è prigionieri…».
«E non è bella, poi?».
«No. È meglio la carcere, dove si è soli, al contatto cogli uomini che non concedono di esser soli e che ci stanno intorno per odiarci…».
«Hai studiato i filosofi?».
«Ero maestro a Cintium… Ero proselite…».
«E ora?».
«E ora sono nulla. Vivo nella realtà. E odio, come fui e come sono odiato».
«Chi ti odia?».
«Tutti. E Dio per il primo. Era mia moglie… e Dio ha permesso mi tradisse e mi rovinasse. Ero libero e rispettato, e Dio ha permesso divenissi un ergastolano. L’abbandono di Dio, l’ingiustizia degli uomini. Ho annullato Quello e questi. Qui non c’è più niente…», e si batte sulla fronte e sul petto. «Cioè, qui, nella testa, c’è il pensiero, il sapere. Qui è che non c’è nulla», e sputa con sprezzo.
«Ti sbagli. Lì hai ancora due cose».
«Quali?».
«Il ricordo e l’odio. Levale.

188.4 Sii veramente vuoto… ed Io ti darò una cosa nuova da mettere lì».
«Che cosa?».
«L’amore».
«Ah! Ah! Ah! Mi fai ridere! Sono trentacinque anni che non ridevo più, uomo. Da quando ebbi la prova che la femmina mi tradiva col mercante di vini romano. L’amore! L’amore a me! Come se io gettassi gioielli ai miei polli! Morirebbero di indigestione se non riuscissero a passarli nello sterco. Lo stesso a me. Mi farebbe peso il tuo amore se non lo potessi digerire…».
«No, uomo! Non dire così!». Gesù gli posa la mano sulla spalla, veramente e palesemente afflitto.
L’uomo lo guarda col suo unico occhio, e quel che vede in quel viso dolce e bellissimo lo fa ammutolire e cambiare espressione. Dal sarcasmo passa ad una serietà profonda, da questa ad una vera mestizia. China il capo e poi chiede con voce mutata: «Chi sei?».
«Gesù di Nazaret. Il Messia».
«Tu!!!».
«Io. Non sapevi di Me, tu che leggi?».
«Sapevo… Ma non che eri vivo e non… oh! soprattutto questo non sapevo! Non sapevo che eri buono con tutti… così… anche con gli assassini… Perdona quanto ti ho detto… di Dio e dell’amore… Ora capisco perché Tu vuoi darmi l’amore… Perché senza l’amore il mondo è un inferno, e Tu, Messia, ne vuoi fare un paradiso».
«Un paradiso in ogni cuore. Dàmmi il ricordo e l’odio che ti tengono malato e lascia che Io ti metta in cuore l’amore!».
«Oh! se ti avessi conosciuto prima!… allora… Ma quando io uccidevo Tu non eri certo nato… Ma dopo… dopo… quando, libero come è libero il serpente nelle foreste, io vissi per avvelenare col mio odio».
«Ma hai fatto anche del bene. Non hai detto che curavi con le erbe?».
«Sì. Per essere tollerato. Ma quante volte ho lottato con la voglia di avvelenare coi filtri!… Vedi? Mi sono rifugiato qui perché… è un paese dove si ignora il mondo e che il mondo ignora. Un paese maledetto. Altrove ero odiato e odiavo e avevo paura di essere riconosciuto… Ma cattivo sono».
«Hai un rimpianto per avere causato del male al guardiano della prigione. Vedi che ancora sei munito di bontà? Non sei malvagio… Sei solo con una grande ferita aperta, e nessuno te la medica… La tua bontà fugge da essa come il sangue dalle ferite. Ma se ci fosse chi ti cura e chiude la tua ferita, povero fratello, la tua bontà, non più sfuggente man mano che si forma, crescerebbe in te…».
L’uomo piange a capo chino, senza che nulla tradisca quel pianto. Solo Gesù, che gli cammina al fianco, lo vede. Sì, lo vede. Ma non dice più altro.

188.5 Arrivano ad una spelonca che è fatta di macerie crollate e di caverne nel monte. L’uomo cerca di fare ferma la voce e dice: «Ecco, è qui. Entra pure».
«Grazie, amico. Sii buono».
L’uomo non dice nulla e resta dove è, mentre Gesù coi suoi, superando pietroni che certo erano pezzi di muraglie ben robuste, disturbando ramarri e altre brutte bestie, entrano in una vasta grotta affumicata sulle cui pareti, graffiti nel masso, sono ancora segni dello zodiaco e simili storie. In un angolo affumicato vi è una nicchia e, sotto, un buco come fosse un tombino per lo scolo di liquidi. I pipistrelli decorano il soffitto dei loro grappoli che fanno ribrezzo, e un gufo, disturbato dalla luce di un ramo che Giacomo ha acceso per vedere se calpestano scorpioni o aspidi, si lamenta sbattendo le ali ovattate e stringendo gli occhiacci feriti dalla luce. È proprio appollaiato nella nicchia, e un fetore di topi morti, di donnole, di uccelli in putrefazione fra i suoi piedi, si mescola all’odore dello sterco e del suolo umido.
«Un bel posto in verità!», dice Pietro. «Era meglio il tuo Tabor e il mare, ragazzo!». E poi, volgendosi a Gesù: «Maestro, accontenta presto Giuda perché qui… non è certo la sala regale di Antipa!».
«Subito. Che vuoi sapere di preciso?», chiede a Giuda di Keriot.
«Ecco… Vorrei sapere se e perché Saul ha peccato venendo qui… Vorrei sapere se è possibile che una donna possa evocare i morti. Vorrei sapere se… Oh! insomma, parla Tu. Io ti farò domande».
«Affare lungo! Andiamo almeno lì fuori, al sole, sui massi… Ci salveremo dall’umido e dal fetore», prega Pietro.
E Gesù acconsente. Si siedono come possono sulle muraglie crollate.
«Il peccato di Saul non è stato che uno dei peccati dello stesso. Fu preceduto e seguito da molti altri. Tutti gravi. Ingratitudine duplice verso Samuele che lo unge re e che si eclissa poi per non dividere col re l’ammirazione del popolo. Ingrato più volte verso Davide che lo libera da Golia, che lo risparmia nella caverna di Engaddi e ad Achila. Colpevole di multiple disubbidienze e di scandalo nel popolo. Colpevole di avere addolorato Samuele suo benefattore mancando alla ca**tà. Colpevole di gelosia e di attentati verso Davide, altro suo benefattore, e infine del delitto commesso qui».
«Contro chi? Non vi ha ucciso nessuno».
«La sua anima ha ucciso, ha finito di uccidere, qui dentro.

188.6 Perché abbassi il capo?».
«Penso, Maestro».
«Pensi. Lo vedo. Che pensi? Perché sei voluto ve**re? Non per pura curiosità di studioso, confessalo».
«Sempre si sente parlare di maghi, di negromanzie, di spiriti evocati… Volevo vedere se scoprivo qualcosa… Mi piacerebbe sapere come avviene… Penso che noi, destinati a stupire per attirare, dovremmo essere un poco negromanti. Tu sei Tu e fai col tuo potere. Ma noi dobbiamo chiederlo un potere, un aiuto, per fare opere strane, che si impongano…».
«Oh! ma sei f***e? Ma che dici?», urlano in molti.
«Tacete. Lasciatelo parlare. Non è follia la sua».
«Sì, insomma mi pareva che, venendo qui, qualche poco della magia di un tempo potesse entrare in me e farmi più grande. Per l’interesse tuo, credilo».
«So che sei sincero in questo tuo desiderio attuale. Ma ti rispondo con parole eterne, perché sono del Libro, e il Libro sarà finché sarà l’uomo. Creduto o schernito, impugnato in nome della Verità o deriso, sarà, sempre sarà.
È detto: “Ed Eva, visto che il frutto dell’albero era buono a mangiarsi e bello a vedersi, lo colse e ne mangiò e ne diede al marito… E allora i loro occhi si apersero e si accorsero di essere nudi e si fecero delle cinture… E Dio disse: ‘Come vi siete accorti di essere nudi? Solo per avere mangiato il frutto proibito’. E li cacciò dal paradiso di delizie”. E nel libro di Saul è detto: “Disse Samuele apparendo: ‘Perché mi hai disturbato col farmi evocare? Perché interrogarmi dopo che il Signore si è ritirato da te? Il Signore ti tratterà come ti ho detto… perché tu non hai ubbidito alla voce del Signore’”.
Figlio, non tendere la mano al frutto proibito. Anche solo accostarlo è imprudenza. Non avere curiosità di conoscere l’ultraterreno per tema che non ti se ne apprenda il satanico veleno. Fuggi l’occulto e ciò che non si spiega. Una sola cosa va accolta con santa fede: Dio. Ma ciò che Dio non è, e che non è spiegabile con le forze della ragione e creabile con le forze dell’uomo, fuggilo, fuggilo, ché non ti si aprano le fonti della malizia e tu non comprenda di essere “nudo”. N**o: repellente nella umanità mista al satanismo. Perché vuoi stupire con prodigi oscuri? Stupisci con la tua santità, e sia luminosa come cosa che viene da Dio. Non avere desiderio di lacerare i veli che separano i viventi dai trapassati. Non disturbare i defunti. Ascoltali, se saggi, finché sono sulla Terra, venerali con l’ubbidirli anche dopo la morte. Ma non turbare la loro seconda vita. Chi non ubbidisce alla voce del Signore perde il Signore. E il Signore ha proibito l’occultismo, la negromanzia, il satanismo in tutte le sue forme. Che vuoi sapere più di quanto la Parola non ti dica già? Che vuoi operare più di quanto la tua bontà e il mio potere ti concedono di operare? Non appetire al peccato, ma alla santità, figlio.
Non ti mortificare. Mi piace che tu ti sveli nella tua umanità. Quello che piace a te piace a molti, a troppi. Solo, il fine che tu metti a questo tuo desiderio: “essere potente per attirare a Me”, leva a quest’umanità molto peso e vi mette ali. Ma sono di uc***lo notturno. No, mio Giuda. Mettivi ali solari, ali d’angelo al tuo spirito. Col solo vento di esse attirerai cuori e li trasporterai, nella tua scia, a Dio. Possiamo andare?».
«Sì, Maestro! Ho sbagliato…».
«No. Sei stato un indagatore… Il mondo ne sarà sempre pieno. Vieni, vieni. Usciamo da questo luogo di puzzo. Incontro al sole andiamo! Fra pochi giorni è Pasqua, e dopo andremo da tua madre. Io ti evoco quella: la tua casa onesta, la tua madre santa. Oh! che pace!».
Come sempre, il ricordo della madre, la lode del Maestro alla madre, rasserena Giuda.

188.7 Escono dalle rovine e cominciano a scendere per il sentiero fatto prima. L’uomo guercio è ancora lì.
«Qui ancora?», chiede Gesù mostrando di non vedere il viso rosso per il molto pianto versato.
«Qui. Se mi permetti ti seguo. Ho da dirti una cosa…».
«Vieni dunque con Me. Che vuoi dirmi?».
«Gesù… Io trovo che per avere forza di parlare, e di fare la magia santa di cambiare me stesso, di evocare la mia anima morta come la maga evocò, per Saulle, Samuele, devo dire il tuo Nome, dolce come il tuo sguardo, santo come la tua voce. Tu mi hai dato una nuova vita ed essa è informe, incapace come quella di un neonato mal generato. Si dibatte ancora fra le strette di una scorza malvagia. Aiutami ad uscire dalla mia morte».
«Sì, amico».
«Io… io ho conosciuto di avere ancora un poco di umanità nel mio cuore. Non tutto belva sono, e posso ancora amare ed essere amato, perdonare ed essere perdonato. Il tuo amore, il tuo amore che è perdono, me lo insegna. Non è vero che è così?».
«Sì, amico».
«Allora… portami con Te. Io ero Felice! Ironia! Ma Tu dàmmi un nuovo nome. Che il passato sia realmente morto. Ti seguirò come un cane randagio che finalmente trova un padrone.
Sarò il tuo schiavo se vuoi. Ma non lasciarmi solo…».
«Sì, amico».
«Che nome mi dai?».
«Un nome a Me caro: Giovanni. Poiché tu sei la grazia che fa il Signore».
«Mi prendi con Te?».
«Per ora sì. Poi mi seguirai fra i discepoli. Ma la tua casa?».
«Non ho più casa. Lascerò ai poveri quanto ho. Dàmmi solo amore e un pane».
«Vieni». E Gesù si volge chiamando gli apostoli. «Amici, e specie tu, Giuda, abbiate il mio grazie. Per te, per voi un’anima viene a Dio. Ecco il nuovo discepolo. Viene con noi finché non potremo affidarlo ai fratelli discepoli. Siate felici di avere trovato un cuore e benedite con Me Iddio».
Molto felici veramente non sembrano i dodici. Ma fanno buon viso per ubbidienza e cortesia.
«Se permetti vado avanti. Mi troverai sulla soglia di casa».
«Va’ pure».
L’uomo parte di corsa. Pare un altro.
«Ed ora che siamo soli vi ordino, questo lo ordino, di essere buoni con lui e di tacere il suo passato a chicchessia. Chi parlasse, o chi mancasse verso la ca**tà al fratello redento, verrebbe all’istante respinto da Me. Avete inteso? E vedete quanto è buono il Signore! Venuti qui per fine umano, ci concede di ripartirne avendo ottenuto un fatto soprannaturale. Oh! Io giubilo per la gioia che ora è nel Cielo per il nuovo convertito».

188.8 Giungono davanti alla casa. Sulla soglia, con una veste scura e pulita, un mantello uguale, un paio di sandali nuovi e una capace sacca sulle spalle, è l’uomo. Chiude l’uscio e poi, strano in un uomo che si potrebbe pensare insensibile, prende una gallinella bianca, forse la prediletta, che si accoccola domestica sulle sue mani, e la bacia e piange, e poi la posa.
«Andiamo… e perdona. Ma essi, i miei polli, mi hanno amato… Parlavo con loro e… mi capivano…».
«Ti capisco anche Io… e ti amo. Tanto. Ti darò tutto l’amore che in trentacinque anni il mondo ti ha negato…».
«Oh! lo so! Lo sento! Per questo vengo. Ma compatisci l’uomo che… che ama un animale che… che… che gli è stato più fedele dell’uomo…».
«Sì… sì. Non pensare più al passato. Avrai tanto da fare! E con la tua esperienza farai tanto bene. Simone, vieni qui, e tu, Matteo. Vedi? Questo fu più che prigioniero, e lebbroso fu. Questo fu peccatore. Ed Io li ho cari perché sanno capire i poveri cuori… Non è vero?».
«Per bontà tua, Signore. Ma certo, credi, amico, che tutto si annulla nel servirlo. Resta solo la pace», dice lo Zelote.
«Sì. La pace e una giovinezza nuova succede dove era vecchiezza di vizio o di odio. Io ero pubblicano. Ma ora sono l’apostolo. Abbiamo davanti il mondo. E noi siamo istruiti circa esso. Non siamo i fanciulli svagati che passano presso il frutto nocivo e la pianta che piega e non vedono la realtà. Noi sappiamo. Possiamo evitare il male e insegnare ad altri ad evitarlo. E sappiamo raddrizzare chi piega. Perché sappiamo come è di sollievo essere sorretti. E sappiamo chi sorregge: Lui», dice Matteo.
«È vero! È vero! Mi aiuterete. Grazie. È come io passassi da un luogo oscuro e fetido all’aperto di un prato fiorito… Ho provato qualcosa di simile quando sono uscito, libero, finalmente libero, dopo venti anni di ergastolo e di lavoro brutale nelle miniere dell’Anatolia, e mi sono trovato – ero fuggito in una sera burrascosa – in cima ad un monte aspro, ma aperto, ma pieno di sole per l’aurora e coperto di boschi odorosi… La libertà! Ma ora è di più! Tutto in me si dilata! Non avevo più catene da quindici anni. Ma l’odio, ma la paura, ma la solitudine mi erano sempre catene… Ora sono cadute!…

188.9 Eccoci alla casa del vecchio che vi ha portati a me. Uomo! Uomo!».
Il vecchietto accorre e resta di stucco vedendo che il guercio è pulito, in veste da viaggio, e con un viso sorridente.
«Tieni. Questa è la chiave della mia casa. Io vado via, per sempre. Ti sono grato perché tu sei il mio benefattore. Mi hai reso la famiglia. Fa’ del mio tutto quello che vuoi… e cura i miei polli. Non li maltrattare. Ogni sabato viene un romano e compera le uova… Ti daranno dell’utile… Trattale bene le mie gallinelle… e Dio te ne rimuneri».
Il vecchietto è trasecolato… Prende la chiave e resta a bocca aperta.
Gesù dice: «Sì, fa’ come egli dice, e Io pure te ne sarò grato.
In nome di Gesù ti benedico».
«Il Nazareno! Sei Tu! Misericordia! Ho parlato col Signore!
Donne! Donne! Uomini! Il Messia è fra noi!». Strilla come un’aquila e corrono persone da ogni parte.
«Benedici! Benedici!», gridano. E altri: «Resta!»; e altri:
«Dove vai? Almeno di’ dove vai».
«A Naim. Restare non posso».
«Ti seguiamo! Lo vuoi?».
«Venite. E a chi resta pace e benedizione».
Si avviano verso la via maestra. La prendono.

188.10 L’uomo, che cammina vicino a Gesù e che fatica sotto la sua sacca, attira la curiosità di Pietro. «Ma che hai lì dentro di tanto pesante?», chiede.
«Le vesti… e dei libri… I miei amici dopo e con i polli. Non ho potuto separarmi. E pesano».
«Eh! la scienza pesa! Già! E a chi piace, eh?».
«Mi hanno impedito di impazzire».
«Eh! ci devi volere bene! Ma, che libri sono?».
«Filosofia, storia, poesia greca, romana…».
«Belli, belli. Certo belli. Ma… pensi poterteli portare dietro?».
«Forse riuscirò anche a separarmene. Ma tutto insieme non si può fare, non è vero, Messia?».
«Chiamami Maestro. Sì, non si può. Ma ti farò avere un luogo dove potrai dare un ricovero ai tuoi amici, i libri. Ti potranno servire per discutere con i pagani di Dio».
«Oh! come hai netto il pensiero da ogni restrizione!».
Gesù sorride e Pietro esclama: «Sfido io! È la Sapienza, Lui!».
«È la Bontà, credilo. E tu sei colto?».
«Io? Oh! coltissimo! Distinguo un agone da una carpa, e la mia coltura resta lì. Sono pescatore, amico!», e Pietro ride, umile e schietto.
«Sei un onesto. È una scienza che si impara da sé. Ed è molto difficile ad aversi. Mi piaci».
«Anche tu mi piaci. Perché sei schietto. Anche nell’accusarti. Io perdono tutto, aiuto tutti. Ma sono nemico spietato dei falsi. Mi fanno ribrezzo».
«Hai ragione. Il falso è un delinquente».
«Un delinquente. Lo hai detto. Di’, non ti fidi a darmi un poco la tua sacca? Tanto, sta’ certo, coi libri non scappo… Mi pare che fai fatica…».
«Venti anni di miniera spezzano… Ma perché vuoi faticare tu?».
«Perché il Maestro ci ha insegnato ad amarci come fratelli. Da’ qui. E prendi i miei stracci. È leggera la mia… Non ci sono storie, né poesie. La mia storia, la mia poesia e quell’altra cosa che hai detto, è Lui, il mio Gesù, il nostro Gesù».

31/10/2024

“Ci ha amati”, l’Enciclica del Papa sul Sacro Cuore di Gesù.Sacro Cuore di Gesù noi Confidiamo in Te!
L’amore di Cristo rappresentato nel Suo Santo Cuore
In una società - scrive il Papa - che vede moltiplicarsi “varie forme di religiosità senza riferimento a un rapporto personale con un Dio d’amore” (87), mentre il cristianesimo spesso dimentica “la tenerezza della fede, la gioia della dedizione al servizio, il fervore della missione da persona a persona” (88), Papa Francesco propone un nuovo approfondimento sull’amore di Cristo rappresentato nel suo santo Cuore e invita a rinnovare la sua autentica devozione ricordando che nel Cuore di Cristo “possiamo trovare tutto il Vangelo” (89): è nel suo Cuore che “riconosciamo finalmente noi stessi e impariamo ad amare” (30).

Il mondo sembra aver perso il cuore
Francesco spiega che incontrando l’amore di Cristo, “diventiamo capaci di tessere legami fraterni, di riconoscere la dignità di ogni essere umano e di prenderci cura insieme della nostra casa comune”, come invita a fare nelle sue Encicliche sociali Laudato si’ e Fratelli tutti (217). E davanti al Cuore di Cristo, chiede al Signore “di avere ancora una volta compassione di questa terra ferita” e riversi su di lei “i tesori della sua luce e del suo amore”, affinché il mondo, “che sopravvive tra le guerre, gli squilibri socioeconomici, il consumismo e l’uso anti-umano della tecnologia, possa recuperare ciò che è più importante e necessario: il cuore” (31). Nell’annunciare la preparazione del documento, al termine dell’udienza generale del 5 giugno, il Pontefice aveva chiarito che avrebbe aiutato a meditare sugli aspetti “dell’amore del Signore che possano illuminare il cammino del rinnovamento ecclesiale; ma anche che dicano qualcosa di significativo a un mondo che sembra aver perso il cuore”. E questo mentre sono in corso le celebrazioni per il 350° anniversario della prima manifestazione del Sacro Cuore di Gesù a Santa Margherita Maria Alacoque, nel 1673, che si chiuderanno il 27 giugno 2025.

L’importanza di tornare al cuore
Aperta da una breve introduzione e articolata in cinque capitoli, l’Enciclica sul culto del Sacro Cuore di Gesù raccoglie, come preannunciato a giugno, “le preziose riflessioni di testi magisteriali precedenti e di una lunga storia che risale alle Sacre Scritture, per riproporre oggi, a tutta la Chiesa, questo culto carico di bellezza spirituale”.

Il primo capitolo, “L’importanza del cuore”, spiega perché serva “ritornare al cuore” in un mondo nel quale siamo tentati di “diventare consumisti insaziabili e schiavi degli ingranaggi di un mercato” (2). Lo fa analizzando cosa intendiamo per “cuore”: la Bibbia ce ne parla come di un nucleo “che sta dietro ogni apparenza” (4), luogo dove “non conta ciò che si mostra all’esterno o ciò che si nasconde, lì siamo noi stessi” (6). Al cuore portano le domande che contano: che senso voglio che abbiano la mia vita, le mie scelte o le mie azioni, chi sono davanti a Dio (8). Il Papa sottolinea che l’attuale svalutazione del cuore nasce “nel razionalismo greco e precristiano, nell’idealismo postcristiano e nel materialismo”, così che nel grande pensiero filosofico si sono preferiti concetti come quelli di “ragione, volontà o libertà”. E non trovando posto per il cuore, “non è stata sviluppata ampiamente nemmeno l’idea di un centro personale” che può unificare tutto, e cioè l’amore (10). Invece, per il Pontefice, bisogna riconoscere che “io sono il mio cuore, perché esso è ciò che mi distingue, mi configura nella mia identità spirituale e mi mette in comunione con le altre persone” (14).

Il mondo può cambiare a partire dal cuore
È il cuore “che unisce i frammenti” e rende possibile “qualsiasi legame autentico, perché una relazione che non è costruita con il cuore è incapace di superare la frammentazione dell’individualismo” (17). La spiritualità di santi come Ignazio di Loyola (accettare l’amicizia del Signore è una questione di cuore) e san John Henry Newman (il Signore ci salva parlando al nostro cuore dal suo sacro Cuore) ci insegna, scrive Papa Francesco, che “davanti al Cuore di Gesù vivo e presente, la nostra mente, illuminata dallo Spirito, comprende le parole di Gesù” (27). E questo ha conseguenze sociali, perché il mondo può cambiare “a partire dal cuore” (28).

“Gesti e parole d’amore”
Ai gesti e alle parole d’amore di Cristo è dedicato il secondo capitolo. I gesti con i quali ci tratta come amici e mostra che Dio “è vicinanza, compassione e tenerezza”, si vedono negli incontri con la samaritana, con Nicodemo, con la pr******ta, con la donna adultera e con il cieco sulla strada (35). Il suo sguardo, che “scruta l’intimo del tuo essere” (39), mostra che Gesù “presta tutta la sua attenzione alle persone, alle loro preoccupazioni, alle loro sofferenze” (40). In modo tale “da ammirare le cose buone che riconosce in noi” come nel centurione, anche se gli altri le ignorano (41). La sua parola d’amore più eloquente è l’essere “inchiodato sulla Croce”, dopo aver pianto per l’amico Lazzaro e aver sofferto nell’Orto degli Ulivi, consapevole della propria morte violenta “per mano di quelli che Lui tanto amava” (46).

Il mistero di un cuore che ha tanto amato
Nel terzo capitolo, “Questo è il cuore che ha tanto amato”, il Pontefice ricorda come la Chiesa riflette e ha riflettuto in passato “sul santo mistero del Cuore del Signore”. Lo fa riferendosi all’Enciclica di Pio XII Haurietis aquas, sulla devozione al Sacro Cuore di Gesù (1956). Chiarisce che “la devozione al Cuore di Cristo non è il culto di un organo separato dalla Persona di Gesù”, perché noi adoriamo “Gesù Cristo intero, il Figlio di Dio fatto uomo, rappresentato in una sua immagine dove è evidenziato il suo cuore” (48). L’immagine del cuore di carne, sottolinea il Papa, ci aiuta a contemplare, nella devozione, che “l’amore del Cuore di Gesù Cristo, non comprende soltanto la ca**tà divina, ma si estende ai sentimenti dell’affetto umano” (61) Il suo Cuore, prosegue Francesco citando Benedetto XVI, il suo contiene un “triplice amore”: quello sensibile del suo cuore fisico “e il suo duplice amore spirituale, l’umano e il divino” (66), in cui troviamo “l’infinito nel finito” (64).

Il Sacro Cuore di Gesù è una sintesi del Vangelo
Le visioni di alcuni santi, particolarmente devoti al Cuore di Cristo – precisa Francesco – “sono stimoli belli che possono motivare e fare molto bene”, ma “non sono qualcosa che i credenti sono obbligati a credere come se fossero la Parola di Dio”. Quindi il Papa ricorda con Pio XII che non si può dire che questo culto “debba la sua origine a rivelazioni private”. Anzi, “la devozione al Cuore di Cristo è essenziale per la nostra vita cristiana in quanto significa l’apertura piena di fede e di adorazione al mistero dell’amore divino e umano del Signore, tanto che possiamo affermare ancora una volta che il Sacro Cuore è una sintesi del Vangelo” (83). Il Pontefice invita poi a rinnovare la devozione al Cuore di Cristo anche per contrastare “nuove manifestazioni di una ‘spiritualità senza carne’ che si moltiplicano nella società” (87). È necessario tornare alla “sintesi incarnata del Vangelo” (90) davanti a “comunità e pastori concentrati solo su attività esterne, riforme strutturali prive di Vangelo, organizzazioni ossessive, progetti mondani, riflessioni secolarizzate, su varie proposte presentate come requisiti che a volte si pretende di imporre a tutti” (88).

L’esperienza di un amore “che dà da bere”
Negli ultimi due capitoli, Papa Francesco mette in evidenza i due aspetti che “la devozione al Sacro Cuore dovrebbe tenere uniti per continuare a nutrirci e ad avvicinarci al Vangelo: l’esperienza spirituale personale e l’impegno comunitario e missionario” (91). Nel quarto, “L’amore che dà da bere”, rilegge le Sacre Scritture, e con i primi cristiani, riconosce Cristo e il suo costato aperto in “colui che hanno trafitto” che Dio riferisce a se stesso nella profezia del libro di Zaccaria. Una sorgente aperta per il popolo, per placare la sua sete dell’amore di Dio, “per lavare il peccato e l’impurità” (95). Diversi Padri della Chiesa hanno menzionato “la ferita del costato di Gesù come origine dell’acqua dello Spirito”, su tutti Sant’Agostino, che “ha aperto la strada alla devozione al Sacro Cuore come luogo di incontro personale con il Signore” (103). A poco a poco questo costato ferito, ricorda il Papa “venne assumendo la figura del cuore” (109), ed elenca diverse donne sante che “hanno raccontato esperienze del loro incontro con Cristo, caratterizzato dal riposo nel Cuore del Signore” (110). Tra i devoti dei tempi moderni, l’Enciclica parla prima di tutto di San Francesco di Sales, che raffigura la sua proposta di vita spirituale con “un cuore trafitto da due frecce, racchiuso in una corona di spine” (118)

Le apparizioni a Santa Margherita Maria Alacoque
Sotto l’influsso di questa spiritualità, Santa Margherita Maria Alacoque racconta le apparizioni di Gesù a Paray-le-Monial, tra la fine di dicembre 1673 e il giugno 1675. Il nucleo del messaggio che ci viene trasmesso può essere riassunto in quelle parole che Santa Margherita ha udito: “Ecco quel Cuore che tanto ha amato gli uomini e che nulla ha risparmiato fino ad esaurirsi e a consumarsi per testimoniare loro il suo Amore” (121).

Teresa di Lisieux, Ignazio di Loyola e Faustina Kowalska
Di Santa Teresa di Lisieux, il documento ricorda il chiamare Gesù “Colui il cui cuore batteva all’unisono col mio” (134) e le sue lettere alla sorella suor Maria, che aiuta a non concentrare la devozione al Sacro Cuore “su un aspetto doloristico” quello di chi intendeva la riparazione come un “primato dei sacrifici”, ma sulla fiducia “come la migliore offerta, gradita al Cuore di Cristo” (138). Il Pontefice gesuita dedica alcuni passi dell’Enciclica anche al posto del Sacro Cuore nella storia della Compagnia di Gesù, sottolineando che nei suoi Esercizi Spirituali, Sant’Ignazio di Loyola propone all’esercitante “di entrare nel Cuore di Cristo” in un dialogo da cuore a cuore. Nel dicembre 1871, padre Beckx consacrò la Compagnia al Sacro Cuore di Gesù e padre Arrupe lo fece nuovamente nel 1972 (146). Le esperienze di Santa Faustina Kowalska, si ricorda, ripropongono la devozione “con un forte accento sulla vita gloriosa del Risorto e sulla misericordia divina” e motivato da queste, anche San Giovanni Paolo II “ha collegato intimamente la sua riflessione sulla misericordia con la devozione al Cuore di Cristo” (149). Parlando della “devozione della consolazione”, l’Enciclica spiega che davanti ai segni della Passione conservati dal cuore del Risorto, è inevitabile “che il credente desideri rispondere” anche “al dolore che Cristo ha accettato di sopportare per tanto amore” (151). E chiede “che nessuno si faccia beffe delle espressioni di fervore credente del santo popolo fedele di Dio, che nella sua pietà popolare cerca di consolare Cristo” (160). Perché poi “desiderosi di consolarlo, ne usciamo consolati” e “possiamo anche noi consolare quelli che si trovano in ogni genere di afflizione” (162).

La devozione al Cuore di Cristo ci invia ai fratelli
Il quinto e ultimo capitolo “Amore per amore” approfondisce la dimensione comunitaria, sociale e missionaria di ogni autentica devozione al Cuore di Cristo, che, nel momento in cui “ci conduce al Padre, ci invia ai fratelli” (163). Infatti l’amore per i fratelli è il “gesto più grande che possiamo offrirgli per ricambiare amore per amore” (167). Guardando alla storia della spiritualità, il Pontefice ricorda che l’impegno missionario di San Charles de Foucauld lo rese “fratello universale”: “lasciandosi plasmare dal Cuore di Cristo, voleva ospitare nel suo cuore fraterno tutta l’umanità sofferente” (179). Francesco parla poi della “riparazione”, come spiegava San Giovanni Paolo II: “offrendoci insieme al Cuore di Cristo, «sulle rovine accumulate dall’odio e dalla violenza, potrà essere costruita la civiltà dell’amore tanto desiderato, il regno del cuore di Cristo»” (182).

La missione di far innamorare il mondo
L’Enciclica ricorda ancora con San Giovanni Paolo II che “la consacrazione al Cuore di Cristo «è da accostare all’azione missionaria della Chiesa stessa, perché risponde al desiderio del Cuore di Gesù di propagare nel mondo, attraverso le membra del suo Corpo, la sua dedizione totale al Regno». Di conseguenza, attraverso i cristiani, «l’amore sarà riversato nei cuori degli uomini, perché si edifichi il corpo di Cristo che è la Chiesa e si costruisca anche una società di giustizia, pace e fratellanza»” (206). Per evitare il grande rischio, sottolineato da San Paolo VI, che nella missione “si dicano e si facciano molte cose, ma non si riesca a provocare il felice incontro con l’amore di Cristo” (208), servono “missionari innamorati, che si lascino ancora conquistare da Cristo” (209).

La preghiera di Francesco
Il testo si conclude con questa preghiera di Francesco: “Prego il Signore Gesù che dal suo Cuore santo scorrano per tutti noi fiumi di acqua viva per guarire le ferite che ci infliggiamo, per rafforzare la nostra capacità di amare e servire, per spingerci a imparare a camminare insieme verso un mondo giusto, solidale e fraterno. Questo fino a quando celebreremo felicemente uniti il banchetto del Regno celeste. Lì ci sarà Cristo risorto, che armonizzerà tutte le nostre differenze con la luce che sgorga incessantemente dal suo Cuore aperto. Che sia sempre benedetto!” (220).

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