Associazione Culturale Chatwin

Associazione Culturale Chatwin L’Associazione nasce per divulgare in Italia e all’estero la memoria, le opere e il pensiero di
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Partire per poi tornare e narrare, alcuni viaggi non si possono più raccontare., E’ con grande dolore che oggi abbiamo d...
06/08/2024

Partire per poi tornare e narrare, alcuni viaggi non si possono più raccontare., E’ con grande dolore che oggi abbiamo dato l’ultimo saluto a Egildo Simeone. Insegnante, compositore, musicista, uomo di musica e cultura. Permane il ricordo della condivisione di attimi di vita in cui Egildo ha lasciato un segno non solo nei suoi studenti ma in tutti coloro che, come noi, hanno potuto partecipare alle sue performance. Una risorsa preziosa in ogni edizione del Premio Chatwin, insieme a Livio, con passione e sostanziale creatività ha tradotto ed interpretato i testi restituendo l’esperienza con ritmo, riproducendo armonie autentiche ed innovative. Le sue composizioni hanno cadenzato ogni nostro passo nei percorsi allestiti per le mostre fotografiche di Bruce Chatwin nel Palazzo Ducale di Genova e nella Torre del Castello di Castelnuovo Magra lasciandoci immergere in mondi lontani. Creatura meravigliosa, uomo di grande fede, che il Cielo lo accolga. Noi continueremo a danzare avvolti dal suo incanto.
Associazione Culturale Chatwin
Premio Chatwin

23/07/2024

Straordinaria scultura di sabbia ... Un applauso all'artista.❤️😘❤️

09/07/2024

CAMPAGNA RACCOLTA DONAZIONI PER L’ACQUISIZIONE DELLA CASA DI MARIO DONDERO

A Nizza, nella sede del consolato italiano, a progettare l' edizione  2025 del Premio Chatwin, insieme al Console Genera...
04/07/2024

A Nizza, nella sede del consolato italiano, a progettare l' edizione 2025 del Premio Chatwin, insieme al Console Generale Emilio Lolli e Laurence Navalesi, consigliere delegato alle relazioni transfrontaliere .

Touring Club Magazine ha pubblicato il racconto vincitore del Premio Chatwin 2023- Cuore di ruggine di  Clara Valenzani-
06/02/2024

Touring Club Magazine ha pubblicato il racconto vincitore del Premio Chatwin 2023- Cuore di ruggine di Clara Valenzani-

Dopo Mario Dondero, oggi se ne è andato un altro grande fotoreporter e amico del Premio Chatwin, IVO SAGLIETTI. Nel 2010...
02/12/2023

Dopo Mario Dondero, oggi se ne è andato un altro grande fotoreporter e amico del Premio Chatwin, IVO SAGLIETTI. Nel 2010, a Palazzo Ducale di Genova aveva ricevuto, da Mario Dondero con lui nella foto, il Premio Chatwin "L'OCCHIO ASSOLUTO" e a Palazzo Rosso aveva presentato la sua bellissima mostra "Sotto la tenda di Adamo". Questa è la motivazione che meglio di ogni altra parola può raccontare di lui.
Fotografo dal passo lungo e infaticabile. Per avere tanto viaggiato, spesso con vento "ostinato e contrario", con bagaglio leggero ma carico di umanità, nelle regioni più dimenticate, per raccontarcene le passioni e le sofferenze, alle quali si avvicina sempre fino a coglierne il più intimo respiro. Le sue immagini, dal Cile ad Haiti a Lampedusa, scuotono, senza sconti o ipocrite scorciatoie, la memoria e la coscienza collettiva.
_ silvestroserra

https://www.repubblica.it/.../premio_chatwin_ecco_tutti.../Nella foto: lo scrittore olandese JAN BROKKEN che ha ritirato...
21/11/2023

https://www.repubblica.it/.../premio_chatwin_ecco_tutti.../
Nella foto: lo scrittore olandese JAN BROKKEN che ha ritirato il Premio Chatwin "UJna vita di viaggi e passione letteraria" intervistato da: Luigi Marfé, docente di letteratura di viaggio all' Università di Padova, il giornalista di Touring Club, Stefano Brambilla e la direttrice artistica Luciana Damiano- Interprete Grazia Cantoni.

“I cieli stessi girano attorno di continuo, il sole sorge e tramonta, stelle e pianeti mantengono costanti i loro moto, ...
26/09/2023

“I cieli stessi girano attorno di continuo, il sole sorge e tramonta, stelle e pianeti mantengono costanti i loro moto, l’aria è in perpetuo agitata dai venti, le acque crescono e calano per insegnarci che dovremmo essere sempre in movimento.”…
Partecipa al concorso dedicato al grande scrittore e viaggiatore Bruce Chatwin. www.premiochatwin.it @ PremioChatwin @ Maurizio Garofalo Giulia Tabacco FotoReporte Baldelli@ Comune della Spezia Grazia Cantoni

Si è conclusa ieri la bellissima esposizione a Palazzo Reale di Mario Dondero , per molte edizioni presidente del Premio...
07/09/2023

Si è conclusa ieri la bellissima esposizione a Palazzo Reale di Mario Dondero , per molte edizioni presidente del Premio Chatwin.
La sua mostra "Sulle tracce di Chatwin" rimane una delle iniziative più memorabili!

19/08/2023

Ermanno Salvaterra sarebbe partito ad ottobre per la Patagonia dove lo stava aspettando una nuova scalata del Cerro Torre, la montagna che conosceva cosi’ bene da essere soprannominato L’uomo del Torre.
Gli avevo chiesto di parlare di questo e della sua grande passione per quella terra ai confini del mondo, alla quale aveva dedicato il libro “ Patagonia- il grande sogno”, al Premio Chatwin-camminando per il mondo, che si terrà alla Spezia il 17 e 18 novembre.
Aveva accettato con entusiasmo e, poiché la data dell’evento coincideva con quella della scalata, avevamo concordato di registrare il suo intervento alla fine di agosto. Eravamo stati al telefono a lungo e avevo scoperto il grande cuore di Ermanno Salvaterra, sempre pronto ad aiutare chi aveva bisogno.
Oggi piango non solo il grande alpinista ma l’eccezionale persona che Ermanno Salvaterra è stata; con tutto lo staff del Premio Chatwin, mi unisco al dolore della moglie, dei famigliari e di tutti coloro che lo hanno conosciuto, ammirato ed amato. Ciao Ermanno.

Culturale Chatwin

19/08/2023
19/08/2023

Sapevate che il nostro territorio è ricco di percorsi e sentieri per il trekking?

Un patrimonio naturale che consente a spezzini e turisti di vivere esperienze nella natura, che continueremo a valorizzare e tutelare!
Scopri tutti gli itinerari sul nuovo sito turistico Visit La Spezia ➡️ https://www.visitspezia.it/it/parchi-giardini-e-sentieri-ad-anello

09/08/2023

Fino al 10 settembre 2023 al Palazzo Blu di Pisa è in scena la mostra 'Attraversare le forme', sul mondo di Igort, uno dei più apprezzati artisti italiani contemporanei.
A lui il Premio Chatwin assegnerà quest'anno il premio speciale “Viaggi in punta di matita”
Igort

09/08/2023

/ Francesco Cito, è nato a Napoli il 5 maggio 1949. Interrotti gli studi si trasferisce a Londra nel 1972 per dedicarsi alla fotografia. L' inizio in campo fotografico 1975, avviene con l' assunzione da parte di un settimanale di musica pop-rock (Radio Guide mag.). Gira l' Inghilterra, fotografando...

Alla presenza del sindaco della Spezia, Pierluigi Peracchini, della dirigente del settore Cultura Rosanna Ghirri e della...
18/07/2023

Alla presenza del sindaco della Spezia, Pierluigi Peracchini, della dirigente del settore Cultura Rosanna Ghirri e della direttrice artistica Luciana Damiano, è stato presentato alla stampa,a Palazzo civico del Comune della Spezia, il Premio Chatwin - camminando per il mondo 2023. L'edizione parte con il lancio del bando del concorso internazionale di narrativa e fotografia. Scarica il bando su www.premiochatwin.it













22/06/2023

Un tramonto stupendo, una città da amare, La Spezia sempre nel cuore! Buona serata!

Walter Bonatti indimenticabile scalatore, scrittore e amico del Premio Chatwin , premio speciale "una vita di viaggi e p...
22/06/2023

Walter Bonatti indimenticabile scalatore, scrittore e amico del Premio Chatwin , premio speciale "una vita di viaggi e passione letteraria" 2004-

«Il 22 giugno 1930 nacque a Bergamo il grande Walter Bonatti.

(...) Continuò a esplorare e a esplorarsi fino a ottantun anni, quando un cancro al pancreas gli tolse la vita. Sul letto di morte, la compagna Rossana Podestà fu allontanata dal personale medico. Una decisione figlia di un’Italia bigotta, motivata dalla mancata unione coniugale dei due. Così Bonatti morì da solo, in una clinica ospedaliera romana. Un'altra volta tradito dall’umanità, un’altra volta impossibilitato a mitigare la paura condividendola.

“La solitudine può portare a forme straordinarie di libertà” amava dire Fabrizio De André. Un riferimento autobiografico che, tuttavia, può rivelarsi un’efficace didascalia all’intera vita di Walter Bonatti».

🖋️ Pietro Lacasella ripercorre per Lo Scarpone le principali tappe della vita di Walter Bonatti.
👉🏼 Leggi l'articolo: https://www.loscarpone.cai.it/dettaglio/il-22-giugno-1930-nasce-walter-bonatti-%E2%80%9Cla-solitudine-pu%C3%B2-portare-a-forme-straordinarie-di-libert%C3%A0%E2%80%9D/

La vera casa dell’uomo non è un casa ma la Strada, e la vita stessa è un viaggio da fare a piedi».Il 13 maggio 1940 nasc...
12/05/2023

La vera casa dell’uomo non è un casa ma la Strada, e la vita stessa è un viaggio da fare a piedi».

Il 13 maggio 1940 nasceva Bruce Chatwin, lo scrittore e viaggiatore entrato nel mito per avere creato, con il suo primo libro In Patagonia, un nuovo genere letterario. A lui, alla sua filosofia di vita, ai suoi viaggi e alle sue passioni è dedicato il Premio Chatwin-camminando per il mondo che quest’anno ritorna a La Spezia, dove è nato 22 anni fa. La formula è sempre la stessa: concorso internazionale di narrativa e fotografia (il bando sarà presentato alla stampa a giugno); mostre, incontri e premiazioni il 17 e 18 novembre. Segui gli aggiornamenti: www.premiochatwin.it

08/04/2023

Buona Pasqua alla grande famiglia del Premio Chatwin, ai collaboratori, ai tanti ospiti che hanno contribuito con la loro presenza a dare prestigio alla manifestazione, ai concorrenti che dal 2001 ad oggi , con i loro reportage di viaggio, di narrativa, video e fotografia, hanno voluto condividere con noi incontri, profumi, colori, emozioni dei loro viaggi. Una famiglia che ogni anno si arricchisce di tanti, tantissimi amici. Grazie. Auguri a tutti voi anche da Elizabeth Chatwin.

20/03/2023

21-03 primo giorno di primavera.

"Ogni primavera le tribù nomadi dell’Asia si scrollano di dosso l’inerzia invernale, e tornano ai pascoli estivi con la regolarità delle rondini. Le donne si mettono nuove vesti di cotonina fiorita, e letteralmente “ indossano la primavera”. I nomadi ondeggiamo al ritmo delle loro selle beccheggianti, e segnano il tempo sul ritmo insistente della campanella del ca****lo. Non guardano né a destra né a sinistra. I loro occhi sono incollati alla via che va -oltre l’orizzonte. La migrazione primaverile è un rito.."

da "ANATOMIA DELL'IRREQUIETEZZA " di BRUCE CHATWIN

ll Premio Chatwin vi aspetta, entro giugno sarà lanciato il concorso.La foto pubblicata è di Bruce Chatwin
18/03/2023

ll Premio Chatwin vi aspetta, entro giugno sarà lanciato il concorso.
La foto pubblicata è di Bruce Chatwin

24/11/2022

Premio Chatwin 22 ottobre 2022- Sala Consiliare- Lerici ( Sp)-"Tra RUSSIA e CINA -Lungo il fiume Amur"- Casa EditriceIn esclusiva per l'Italia, Stefano Bra...

19/11/2022

Sezione narrativa- terzo classificato ex-aequo Premio Chatwin 2022.
UN VIAGGIO di RICCARDO BORGHETTI

Non proprio in Patagonia. Non con il miraggio di quell'uncino di terra ispanica e selvaggia, ma andare.
Muoversi ed andare per potersi incontrare di nuovo. Ho impiegato molto tempo per convincere il
viaggiatore sconfitto che era in me a riprendere il cammino e non sono sicuro di esserci riuscito.
Quando lei se ne è andata non riuscivo a capire. Pensavo si fosse abituata a restare e ad amarmi ma
evidentemente non era così. Era rimasta scalpitando. Restare ad amarmi non le piaceva.
Non le somigliava, le costava troppo. E allora via, in movimento, mentre io, stanziale, a farmi
domande, conoscendo già le risposte. La routine rassicura, ci avvolge nelle sue tiepide spire e ci
coccola in lunghi tempi che si ripetono e che finiamo per amare. Avevo creato il mio punto di
equilibrio: l'appartamento in centro città proprio sopra all'elegante bar del quartiere, le mie colazioni
alla solita tarda ora mattutina, gli incontri con i soliti avventori con scambi di opinioni su tutto, sport,
politica, sprazzi di cultura e sguardi malandrini a donne che spesso ricambiavano. Oltre alla mia
pigrizia anche l'ego riceveva carezze mentre lei, inconsapevole o, forse no, progettava la fuga per
allontanarsi da me, dalla mia polvere, dal mio stagno.
I nostri dialoghi latitavano. Lanciavo, sempre più raramente brandelli di argomenti che non
appassionavano né me né lei. Ripensandoci, credo che nel mio intimo paventassi la sua fuga, la mia
solitudine, l'abbandono e già allora ne fossi terrorizzato. Un uomo statico e spaventato. Spento. Nel
crepuscolo del nostro amore moribondo tra un telegiornale e i nostri commenti sfilacciati lei
prendeva la chitarra che le avevo regalato secoli fa e intonava una canzone fissandomi con i suoi occhi
malinconici. Li rivedo adesso e mi correggo, erano nostalgici. Nostalgia di chissà cosa, di chissà che.
Forse la risposta stava in quella sua canzone che ripeteva ossessivamente. Bella melodia ma mi
sfuggivano le parole. Un pacato messaggio disperato di una naufraga che lancia S.O.S in un mare
tempestoso. Non so dove sia ma so dove raggiungerla. Canticchio la canzone e seguo le parole come
fossero la mappa per trovarla:
“Che viaggio che sarà, sarà una bella gita,
giornate di incoscienza e di velocità inaudita,
le notti tiepidissime di brezze marinare
avremo male ai muscoli per tutto quell'andare.
Andare e ritrovarci perché siamo perduti,
che ci attacchiamo al tempo andato sempre più sudati,
l'amore ha il cuore nomade e tende agli orizzonti,
l'amore è un commerciante serio e non concede sconti.
Ne abbiam vissute storie per poi sederci qua
ad aspettar qualcosa che non viene e non verrà,
abbiam dimenticato le regole del gioco,
abbiam mangiato tutto e seminato molto poco.
Con i polsini logori e i vestiti demodé
io non ti sto piacendo più e tu non piaci a me,
ricominciamo il viaggio, lasciamo fare al mare,
troviamoci ansimanti e stanchi dentro nuove sere.
Il tempo di dormirci su e riprendiamo il viaggio,
raccogli le tue cose buone, ritrova il tuo coraggio,
scintille, fuoco e incendio non scoppiano per caso
ci vuole volontà perché di solito è doloso.
È molto che mi manchi, chissà dove sarai,
tra gesti prevedibili, io sono dove sai
in posti lontanissimi e non c'è niente di peggio
che rimanere immobili e non mettersi più in viaggio.
L'amore ha il cuore nomade e tende agli orizzonti,
continuerà a sorprenderci se noi saremo pronti”.
Eccola, la vedo.
Sorride.
Mi aspettava.

18/11/2022

sezione narrativa-terzo classificato ex-aequo - PREMIO CHATWIN 2022
LA STANZA di MASSIMO SPINOSA

Vento e pioggia. A me la montagna piace così. “Sei pazza”, dicono gli amici. Io e la mia famiglia vivevamo a valle e dalla finestra vedevo i monti proteggerci da lontano, una muraglia cinese creata dalla natura. Mio padre per lavoro non stava quasi mai a casa e non mi portava in cima. Non ho mai saputo perché. Peccato. “Domani andremo lì in alto”, annunciò a sorpresa un giorno, indicando con il dito l'orizzonte. Ero una ragazzina e lo avevo sempre desiderato. Quella notte non dormii. Era buio quando bussò alla porta per svegliarmi. Ero pronta, lo zaino colorato nell'angolo della stanza aspettava soltanto di essere preso. Un cenno e ci incamminammo. Mio padre andava veloce e non rallentava anche se ero in chiara difficoltà. Come un cucciolo con la madre, non lo perdevo di vista. Per orgoglio, non chiesi mai di andare piano o fermarci. Avevo il sospetto che lo facesse apposta. Una volta lo vidi sorridere di nascosto, ma non ne sono sicura. Avvolta nel buio, la mia unica preoccupazione era non cadere. Il sentiero diventava sempre più ripido. L'escursione non era come l'avevo immaginata. Mi mancava il fiato e per la fatica sognavo di sdraiarmi sull'erba e stare ferma come un oggetto abbandonato osservando il cielo. Mentre ero impegnata a dosare i passi e metterli nel posto giusto per non scivolare, fummo inondati dall'alba. Lo schiaffo di luce ci sorprese e in un attimo passammo dalla notte al giorno. Mio padre si fermò. Il sole illuminava le rocce e gli alberi, regalando l'illusione di scaldarci un poco. Anche se non esperta, sapevo che i raggi erano ancora freddi, ovviamente, ma questo mi bastava. Guardai la valle lontana e non pensavo di aver camminato tanto: tetti e finestre brillavano.
Non lontano da noi alcune foglie si mossero. Mio padre fece segno di stare fermi. La nostra era zona di lupi e di orsi. “Improbabile in questo periodo”, dissi a me stessa per rassicurarmi, ricordandomi di una discussione, una volta, in famiglia. Il cuore batteva a mille. Guardammo quel cespuglio: uscirono sei piccoli cinghiali con le caratteristiche striature orizzontali. Buffi e teneri, si aggiravano nel prato come se non ci fossimo. La natura ignorava noi umani. Tirai un sospiro di sollievo. “Presto, andiamo via. Nei dintorni ci sarà la madre, meglio per noi non incontrarla”, ordinò mio padre. Ci allontanammo e, ogni tanto, mi voltavo per vedere i cuccioli. La cima non era lontana ma iniziò leggermente a piovere e fummo costretti a tornare indietro. “Peccato, mi spiace. Non proseguiamo. Sarai delusa, ma non possiamo rischiare. Si torna a casa, piccola”. Ero contenta di camminare sotto la pioggia ma non glielo dissi. Dopo l'incontro con i cinghiali, scambiammo al massimo tre, quattro parole. Credo che mio padre volesse farmi capire che in montagna si va in silenzio e che, nel silenzio, si apprezzano di più persone e cose che ci circondano. Una regola valida in ogni circostanza. Senza sprecare parole, com'era nel suo stile, quell'escursione fu il suo insegnamento di vita.

“Ciao cara, pronta per i massaggi?”. È una delle due infermiere che si prendono cura del mio corpo. È di famiglia, ormai. Il venerdì tocca a lei: sempre gentile, non manca mai di sorridermi. Mi chiamo Elisa, 28 anni, tetraplegica da una vita. Le montagne, il vento, il cielo sono nella mia stanza. Crocifissa nel letto, posso alzare gli occhi e guardare il soffitto: l'ho fatto dipingere blu cobalto per immaginare e viaggiare. L'incidente mi ha cambiato fuori, trasformandomi in un vecchio soprammobile ma senza intaccare l'animo. Se potessi muovermi, sognerei un'escursione con mio padre.

18/11/2022

sezione narrativa-terzo classificato ex-aequo - PREMIO CHATWIN 2022
UN VIAGGIO di RICCARDO BORGHETTI

Non proprio in Patagonia. Non con il miraggio di quell'uncino di terra ispanica e selvaggia, ma andare.
Muoversi ed andare per potersi incontrare di nuovo. Ho impiegato molto tempo per convincere il
viaggiatore sconfitto che era in me a riprendere il cammino e non sono sicuro di esserci riuscito.
Quando lei se ne è andata non riuscivo a capire. Pensavo si fosse abituata a restare e ad amarmi ma
evidentemente non era così. Era rimasta scalpitando. Restare ad amarmi non le piaceva.
Non le somigliava, le costava troppo. E allora via, in movimento, mentre io, stanziale, a farmi
domande, conoscendo già le risposte. La routine rassicura, ci avvolge nelle sue tiepide spire e ci
coccola in lunghi tempi che si ripetono e che finiamo per amare. Avevo creato il mio punto di
equilibrio: l'appartamento in centro città proprio sopra all'elegante bar del quartiere, le mie colazioni
alla solita tarda ora mattutina, gli incontri con i soliti avventori con scambi di opinioni su tutto, sport,
politica, sprazzi di cultura e sguardi malandrini a donne che spesso ricambiavano. Oltre alla mia
pigrizia anche l'ego riceveva carezze mentre lei, inconsapevole o, forse no, progettava la fuga per
allontanarsi da me, dalla mia polvere, dal mio stagno.
I nostri dialoghi latitavano. Lanciavo, sempre più raramente brandelli di argomenti che non
appassionavano né me né lei. Ripensandoci, credo che nel mio intimo paventassi la sua fuga, la mia
solitudine, l'abbandono e già allora ne fossi terrorizzato. Un uomo statico e spaventato. Spento. Nel
crepuscolo del nostro amore moribondo tra un telegiornale e i nostri commenti sfilacciati lei
prendeva la chitarra che le avevo regalato secoli fa e intonava una canzone fissandomi con i suoi occhi
malinconici. Li rivedo adesso e mi correggo, erano nostalgici. Nostalgia di chissà cosa, di chissà che.
Forse la risposta stava in quella sua canzone che ripeteva ossessivamente. Bella melodia ma mi
sfuggivano le parole. Un pacato messaggio disperato di una naufraga che lancia S.O.S in un mare
tempestoso. Non so dove sia ma so dove raggiungerla. Canticchio la canzone e seguo le parole come
fossero la mappa per trovarla:
“Che viaggio che sarà, sarà una bella gita,
giornate di incoscienza e di velocità inaudita,
le notti tiepidissime di brezze marinare
avremo male ai muscoli per tutto quell'andare.
Andare e ritrovarci perché siamo perduti,
che ci attacchiamo al tempo andato sempre più sudati,
l'amore ha il cuore nomade e tende agli orizzonti,
l'amore è un commerciante serio e non concede sconti.
Ne abbiam vissute storie per poi sederci qua
ad aspettar qualcosa che non viene e non verrà,
abbiam dimenticato le regole del gioco,
abbiam mangiato tutto e seminato molto poco.
Con i polsini logori e i vestiti demodé
io non ti sto piacendo più e tu non piaci a me,
ricominciamo il viaggio, lasciamo fare al mare,
troviamoci ansimanti e stanchi dentro nuove sere.
Il tempo di dormirci su e riprendiamo il viaggio,
raccogli le tue cose buone, ritrova il tuo coraggio,
scintille, fuoco e incendio non scoppiano per caso
ci vuole volontà perché di solito è doloso.
È molto che mi manchi, chissà dove sarai,
tra gesti prevedibili, io sono dove sai
in posti lontanissimi e non c'è niente di peggio
che rimanere immobili e non mettersi più in viaggio.
L'amore ha il cuore nomade e tende agli orizzonti,
continuerà a sorprenderci se noi saremo pronti”.
Eccola, la vedo.
Sorride.
Mi aspettava.

18/11/2022

sezione narrativa- secondo classificato - PREMIO CHATWIN 2022
AL MONDO di ALESSANDRO PIERFEDERICI
Kisa si chiamava. “Corto”, in turco. Ma, del marinaio di carta, aveva ben poco. Basso e tarchiato, era un uomo fatto di vino e si*****te economiche che nascondeva sotto il cappello alla Gavroche di lana sbiadita. Come nei giorni precedenti, eravamo gli unici clienti seduti ai tavolini del piccolo ristorante a ridosso del porticciolo di pescatori. Oltre la spiaggia di ciottoli che si stendeva a pochi passi da noi, il meltemi si divertiva a stuzzicare le onde che rispondevano alle provocazioni con nervosi sbuffi di spuma bianca.
Avevo conosciuto Kisa proprio qui, per caso, e pranzare allo stesso tavolo era diventata presto un’abitudine. Imparando a intrecciare i fili spezzati del mio greco incerto e quelli del suo inglese malfermo, avevo capito che era stato un pescatore in gioventù e molte altre cose dopo. Ora si lamentava di essere solo un vecchio che guardava il cielo con occhi pieni di ricordi.
Portai alle labbra il bicchierino colmo di caffè. L’aroma di bruciato mi riempì le narici, scacciando per un istante l’odore di salsedine.
“Sai, una volta ho viaggiato. Sono andato lontano,” disse Kisa senza preavviso.
Sorpreso, feci la più banale delle domande: “dove?”
“Là,” rispose, puntando un dito tozzo verso la striscia blu cobalto dell’orizzonte. Istintivamente guardai il punto che stava indicando, come se il mare stesse per svelare uno dei suoi segreti. “Sono andato a cercare il mondo, che qui sembrava non arrivare mai.”
“E l’hai trovato?”
Kisa accese una delle sue si*****te gualcite e, tenendola tra l’indice e il medio, aspirò un po’ di fumo. “Non saprei. Sono tornato subito indietro.”
“Perché?”
“Ero giovane, ma ho capito che quello che stavo cercando era troppo complicato per uno come me,” rispose scuotendo la testa.
Guardai il profilo di Kisa e provai affetto per quel volto coriaceo su cui il tempo aveva lasciato segni profondi. E provai vergona. Io venivo da oltre quell’orizzonte, ero figlio di quella complessità che lo aveva spaventato e di cui probabilmente ero corresponsabile. Pensai all’umanità sempre più chiusa in sé stessa, ossessionata da norme, notiziari ed etichette che diventavano più veri dell’esperienza e alla costante sensazione che non ci fosse più bisogno di andare da nessuna parte. Allora compresi. Credevo di essere venuto in Grecia per ripercorrere le orme di Henry Miller, ora mi accorgevo di essere qui perché avevo paura che non ci fosse davvero più nulla da scoprire, che il mondo fosse oramai ovunque lo stesso.
Kisa emise un piccolo grugnito, quindi gettò la sigaretta a terra e la schiacciò con un piede. “Che pensieri sciocchi,” disse sorridendo, “non fanno bene al cuore.”
Sorrisi di rimando e annuii.
Il vento ora ci scompigliava i capelli e faceva frusciare le tovaglie di carta. Le poche barche colorate dei pescatori scricchiolavano placide al riparo dalle crescenti bizze del Mediterraneo. Kisa fece un cenno alla cameriera che stava apparecchiando un tavolo poco distante. La ragazza trotterellò all’interno del basso edificio di cemento del ristorante e tornò con una bottiglia di ouzo.
“Ci vuole un brindisi,” disse Kisa, mentre versava il liquido lattiginoso. “Al mondo,” aggiunse con una risata sollevando il bicchiere, “sperando che si dimentichi di questo posto e di questo vecchio.”

sezione narrativa- primo classificato- Premio Chatwin 2022 - DI VENTO E DI SABBIA -  (MAURITANIA)        di GIULIA TABAC...
18/11/2022

sezione narrativa- primo classificato- Premio Chatwin 2022 -
DI VENTO E DI SABBIA - (MAURITANIA)
di GIULIA TABACCO
Premia PAOLO RUMIZ

I mauritani parlano poco e sono vestiti di vento.

Bianchi, azzurri, blu, gli uomini; lilla, verdi, a fiori, a rombi, le donne. Quando camminano le stoffe si alzano, si arricciano, si gonfiano. I tessuti chiudono le teste: quelle degli uomini con un turbante, che contorna il mento come una ghirlanda e sale fino al naso, quelle delle donne con un velo che passa dietro le spalle, va giù per la schiena poi torna fino ai capelli.
Per forza si coprono, è una questione di numeri.
75.
75% del loro Paese è sabbia. Ci sono più grani di sabbia che di couscous, è più dei datteri freschi in agosto, più degli arbusti aguzzi che sgranocchiano le capre, più delle parole che compongono le preghiere. In un Paese di sabbia l’unica è coprirsi.
Per non dire del sole e del vento. Il sole è di un bianco che fa male agli occhi e l’aria smeriglia la pelle: è per l’aria che hanno inventato questi abitoni che coprono facendo al contempo volare i contorni. Per lasciarla passare. Il vento trasforma le persone in navi, il deserto pare un mare ocra solcato da barche colorate: di quelle barche i corpi sono gli alberi, i piedi le ancore, gli abiti le vele.
I mauritani parlano poco perché sabbia e vento si infiltrano nel naso e nei pensieri. Parlano poco perché il Sahara è grande.
Salima di mestiere fa il nomade. Ha tre cammelli e due dozzine di capre, una tenda per dormire e un’altra, larga e aperta davanti, per riposare. Quando arriva l’ora della preghiera si toglie le scarpe e si passa le mani sui piedi nudi, poi si accarezza i palmi l’uno con l’altro: non c’è acqua per le abluzioni, allora le mima. Cuoce il pane sotto la cenere, prepara il tè e lo versa tre volte, ha un’accetta sotto la sella del ca****lo e con quella taglia la legna per il fuoco.
Con lui nel deserto trovo alberelli contornati da pallini gialli profumati che a toccarli si sfaldano tra le dita. Li guardo, li annuso, li accarezzo, li riconosco. È mimosa. Mimosa gialla nel Sahara, con l’aggiunta delle spine: ma qui è normale, qui ogni arbusto al posto delle foglie ha aculei bianchi e affilati. Intendiamoci, è probabile che abbia un altro nome, la pianta che ci dà un’ipotesi di riparo quando il sole è troppo intenso: per me, però, è lei, il simbolo dell’otto marzo, della festa delle donne. Una ricorrenza che quaggiù nessuno ha mai sentito nominare: ma io, che la festeggio da tutta la vita, mi emoziono, perché siamo all’inizio di marzo e questo vuol dire che i fiori gialli sbocciano nello stesso tempo in Liguria e in Mauritania, anche se tra qui e Savona ci sono 5.200 chilometri.
“Nutrimento
per gli animali ce n’è?”, domando a Salima una sera al tramonto.
“Così”, risponde guardando gli arbusti rinsecchiti.
L’ho detto che i mauritani parlano poco: preferiscono starsene dritti davanti alla terra baluginante, sono dei gran guardiani dell’orizzonte. Roba da far ammattire noi che alla sabbia che screpola le rughe non siamo abituati: cosa vuoi dire, Salima? Così così, così abbastanza, così neanche un po’? Ma lui sta zitto, immobile di fronte al sole, che finalmente non è più un neon infinito. Finché a un tratto dice: “Vedi laggiù, proprio davanti ai tuoi occhi. Là vanno gli animali”.
Fa una pausa.
“C’è una pozza d’acqua. È verde, fresca, buona. C’è sempre, non si estingue mai.”
Allora capisco che nella lingua del Paese della sabbia che scivola tra le dita, delle genti che compiono gesti essenziali e precisi, mai uno di troppo, mai uno di meno, mi ha risposto. Di più: mi ha detto una cosa importante. Mi ha mostrato dove si trova la vita.

Indirizzo

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