24/09/2024
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Una volta, nelle nostre famiglie contadine, esisteva una tradizione semplice ma potente. Alla nascita di una bambina, il padre piantava un albero di noce. Quel gesto, che poteva sembrare solo un rito di passaggio, racchiudeva invece, tutto un mondo di significati. Quei rami che si sarebbero sollevati al cielo negli anni, avrebbero avuto un destino preciso, fornire il legno con cui un artigiano avrebbe costruito i mobili per il matrimonio di quella bambina, divenuta donna. E mentre l’albero cresceva, la madre della neonata ricamava, punto dopo punto, la dote di biancheria per la futura sposa.
Era un mondo dove ogni gesto aveva un significato, ogni seme piantato una promessa per il futuro. Ma col passare del tempo, molte cose sono cambiate. I nostri monti, un tempo popolati di contadini che ereditavano terre dai loro nonni e bisnonni, hanno visto quella tradizione svanire. Prima erano le figlie numerose a far fiorire gli alberi di noce, poi è arrivato il progresso, e con esso la necessità di risparmiare. Non si tagliavano più i noci per farne mobili, ora i mobili si comprano già fatti, magari smontati, e gli sposi li assemblano da soli.
Oggi, molte giovani coppie non comprano nemmeno più mobili, scelgono monolocali già ammobiliati, consapevoli che il loro rapporto potrebbe avere una data di scadenza. E così, mentre il legame tra la terra e le persone si indebolisce, le nostre noci locali sono passate dall’essere un alimento povero e abbondante a un lusso, difficile da permettersi.
Ma io non scrivo per lamentarmi di questo cambiamento. Anzi, il mio pensiero va a chi, come noi, ancora resiste. Molti cercano più clienti, sempre più clienti, ma noi desideriamo qualcosa di diverso: più persone che comprendano. Persone che sappiano che, quando piove, i nostri prodotti si sporcano di terra. Che il mese di settembre ci regala i primi frutti autunnali, ma il caldo può toglierne il sapore, e che allora bisogna conoscere i trucchi di cucina delle nostre nonne per esaltarli. Settembre è anche il mese in cui le piante estive sono ormai stanche; i loro frutti non sono belli come quelli di giugno, ma sono genuini, veri, come lo siamo noi.
Preferisco un’ortaggio sporco di terra, piuttosto che uno esposto per giorni allo smog sui marciapiedi. Preferisco un piccolo insetto su una foglia, piuttosto che tonnellate di pesticidi. Preferisco un frutto imperfetto, ma che sappia di vita, piuttosto che uno lucido e privo di anima.
Non è facile, lo so. Viviamo in un mondo che ci chiede di rendere tutto perfetto, patinato, confezionato. Ma se siamo ancora qui, se ancora lavoriamo la terra con le nostre mani, è perché ci sono persone come voi, che capiscono. Persone che non chiamano per lamentarsi di una lattuga sporca di terra, o di una melanzana con troppi semi, perché sanno che non è Carmela a metterceli dentro, ma madre natura.
Carmela e Nonna Santina, stanno nei campi a raccogliere broccoli, lattughe e tanto altro. Dalle nove, apriremo per accogliere i nostri amici. Voi, che venite a prendere prodotti freschi, genuini, convenienti, ma soprattutto venite a vedere le mani che li hanno piantati e raccolti, i nostri prodotti, non devo dire nulla, solo grazie, siete protagonisti di un sostegno alla "resistenza Contadina " alla globalizzazione, dove nessuno è responsabile di nulla. Siamo sempre pronti a riempire le ceste, per chi prenota sul Nostro sito, chiediamo in cambio, consapevolezza, che i prodotti genuini, biologici, autoctoni, sono cosi, non sempre perfetti e belli. Lo so nell'era della bellezza ad ogni costo e ad ogni età, è difficile far accettare la "bruttezza estetica" dei prodotti della terra, ma ne vale la Vostra salute e quella del Nostro pianeta. Un giorno andremo ad inquinare altri pianeti, ma nel frattempo, prendiamoci cura di esso, della salute dei nostri figli, nipoti e persone care.
Non so più come dirvelo e cosa inventarmi per farvi riflettere.
Buona giornata a tutti voi.
Catello Pane
www.ortodicarmela.com