26/11/2022
“Arrivai alla Williams nel momento sbagliato perché nel 1989 gareggiammo con la macchina dell’anno precedente, adattata al nuovo motore Renault che aveva sostituito il Judd. Nella prima parte del campionato quel motore non si adattava alla macchina, su molte piste eravamo lenti: e la FW13 che debuttò a fine anno era ancora peggio, un vero disastro. Vinsi ad Adelaide solo perché pioveva forte, la macchina non andava: era il motore a fare la differenza. Anche la mia vittoria in Ungheria del 1990, davanti a Senna, arrivò grazie alle prestazioni del Renault. E poi sul più bello fui costretto ad andare via, un vero peccato: nel 1990 lavorai molto per sviluppare le sospensioni attive, poi lo sponsor Labatt disse chiaramente “vogliamo Mansell” perché il mercato inglese era più interessante per loro, a differenza di quello belga che invece era considerato scarso. Così dovetti lasciare la squadra: avevo contribuito a sviluppare la macchina ma poi non ebbi la possibilità approfittarne.
Fu la Renault stessa a chiedermi di passare alla Ligier, in previsione di un accordo di fornitura con loro: volevano che fossi io a sviluppare il progetto ma il team non era organizzato, mancava l’ingegnere giusto e io ho fatto quel che ho potuto. Ok, c’erano Frank Dernie e Gerard Ducarouge ma erano a fine carriera…poi nel 1993 passai alla Jordan ma quella monoposto era fatta su misura per Barrichello, molto più piccolo di me. Anzi, era pericoloso guidarla: a fine di quell’anno, non vedendo più in futuro, decisi di lasciare la Formula 1.
Guardo le gare di oggi solo perché ci sono piloti per i quali faccio il tifo: Nico Rosberg prima, Charles Leclerc adesso. Senza personaggi come loro non seguirei i Gran Premi: non è più come ai miei tempi, la Formula 1 è diventata noiosa anche perché le vetture vanno troppo forte, ormai i piloti non fanno più la differenza. Mi vengono in mente assurdità come il DRS…a mio parere la Formula 1 di oggi non vuol dire niente, è solo una gara tra ingegneri e non tra piloti. E pure i circuiti li odio: vedo vie di fuga in asfalto, una volta se sbagliavi eri fuori mentre oggi quando un pilota commette un errore guadagna addirittura tempo. Non sono piste vere…per me lo spettacolo non c’è più.
Quello dei miei tempi è stato un periodo interessante, anche perché abbiamo vissuto importanti cambiamenti tecnici come ad esempio il passaggio dai motori turbo a quelli aspirati. Ma in generale, avevamo il piacere di trascorrere il tempo insieme, di mangiare in compagnia, di vederci e di divertirci. C’erano rapporti di amicizia che ormai non si vedono più, le cose sono cambiate moltissimo. Io nel paddock ho avuto due veri amici: Senna e Alboreto. Ho trascorso molto tempo con loro, insieme abbiamo fatto vacanze e viaggi in aereo e abbiamo condiviso la passione per gli aerei, ci trovavamo per far volare i modellini. Poi ho instaurato ottimi rapporti con Patrese, Nannini, Berger, Modena…e pure con Bellof, ricordo che pilotavamo insieme la Porsche ai tempi del Gruppo C. E’ stata dura accettare la sua scomparsa, ci penso spesso.
Ricordo che nei weekend di gara, quando si gareggiava in Europa come ad esempio a Monza, Imola, Spa e Hockenheim, noi disputavamo due Gran Premi e non uno solo. Il primo era quello in pista ma il secondo era particolarmente sentito: riguardava noi piloti con l’aereo, di fatto ci davamo appuntamento per la sera alla pizzeria Roma di Montecarlo e chi arrivava per primo vinceva. Mentre l’ultimo pagava il conto per tutti: eravamo io, Senna, Modena, Alboreto e non solo, al termine della gara lasciavamo il circuito a tutta velocità per recuperare l’aereo, atterrare a Nizza e poi spostarci in auto a Montecarlo. Io già allora guidavo gli aerei e non di rado caricavo qualche collega: Alboreto volava molto spesso con me, un anno facemmo insieme il viaggio per andare a Kyalami e fu bellissimo. Prost? Lui non partecipava a quelle cene perché c’era Senna: andava per i fatti suoi, tra me e lui non c’era un gran rapporto perché io ero amico di Ayrton e questo ad Alain non piaceva.
Poco prima che mio figlio Cedric nascesse, chiesi proprio a Senna di fargli di padrino e lui accettò volentieri: purtroppo morì a Imola quindici giorni prima della nascita. Così feci la proposta ad Alboreto: che a sua volta venne a mancare pochi anni dopo. Cedric pensa spesso a questi due padrini che purtroppo non ha mai potuto conoscere: è una storia piuttosto strana, noi piloti di quell’epoca ci prendevamo dei rischi incredibili che adesso non esistono più”.
Thierry Boutsen