Monsieur Le PoP

Monsieur Le PoP Rassegna letteraria Laigueglia

Buon giorno a tutti i turisti che in questi due anni hanno apprezzato l’evento culturale Monsieur le PoP. Per motivi non...
06/06/2023

Buon giorno a tutti i turisti che in questi due anni hanno apprezzato l’evento culturale Monsieur le PoP. Per motivi non dipesi dalla mia persona ma dalla nuova giunta appena insediata, la rassegna culturale Monsieur Le PoP non avrà più luogo. Un caro saluto a tutti i turisti che hanno saputo apprezzare la rassegna in questi due ultimi anni.

“SCUOLA TEATRO e LETTERATURA”Questa sera, 20 Agosto ore 21,00 appuntamento con l’attore Antonio Carli, in piazza Cavour ...
20/08/2022

“SCUOLA TEATRO e LETTERATURA”

Questa sera, 20 Agosto ore 21,00 appuntamento con l’attore Antonio Carli, in piazza Cavour a Laigueglia per la rassegna culturale Laigueglia “ Monsieur Le PoP”

La Rassegna Letteraria Laigueglia “Monsieur Le PoP “ ha inizio con la seconda edizione  a Laigueglia
19/08/2022

La Rassegna Letteraria Laigueglia “Monsieur Le PoP “ ha inizio con la seconda edizione a Laigueglia

2* Edizione   Rassegna Culturale Laigueglia “Monsieur Le PoP”
17/08/2022

2* Edizione Rassegna Culturale Laigueglia
“Monsieur Le PoP”

01/07/2022

Presso l’ex Sanità Marittima di Laigueglia, lo IAT Gallery propone una nuova esposizione dedicata all’artista Hector-and Hector, intitolata “Hector’s Factory”, dal 2 al 30 luglio. Continua con successo la collaborazione tra il curatore Pierluigi Luise e il Comune di Laigueglia, per confer...

Serata con il Filosofo Diego Fusaro, presentando il suo ultimo libro : “ GOLPE GLOBALE “.
30/08/2021

Serata con il Filosofo Diego Fusaro, presentando il suo ultimo libro : “ GOLPE GLOBALE “.

Questa sera dalle ore 21,00 a Laigueglia in piazza Cavour 7, la rassegna culturale letteraria avrà come ospite  ospite i...
25/08/2021

Questa sera dalle ore 21,00 a Laigueglia in piazza Cavour 7, la rassegna culturale letteraria avrà come ospite ospite il Prof. Filosofo Diego Fusaro . Presenterà in anteprima il suo ultimo libro : “ GOLPE GLOBALE”

Il presente studio costituisce un tentativo di pensare altrimenti l’emergenza epidemiologica legata al Coronavirus che, dall’inizio del 2020, ha sconvolto le vite di larga parte della popolazione mondiale. Con la locuzione “pensare altrimenti” intendo un esercizio di riflessione critica (di “pensiero meditante”, in termini heideggeriani) teso a “ripulire lo sguardo” dagli automatismi irriflessi di quella narrazione dominante che, sotto il segno del nuovo dogmatismo scientifico, pretende di essere il solo modo possibile di inquadrare con i concetti e di raccontare con i discorsi la realtà. In particolare, “pensare altrimenti” significa, nel caso specifico, avventurarsi al di là del discorso medico-scientifico – che, da subito, si è posto monopolisticamente come unico regime di verità – per provare a elaborare un diverso inquadramento concettuale filosofico-politico; un inquadramento che provi a spiegare l’ordine della realtà e, insieme, quello del discorso che l’ha finora espressa e plasmata linguisticamente.

La mia analisi, pertanto, non ha per oggetto il virus in sé e per sé, né l’andamento dell’epidemia connessa al Covid-19, quale viene studiato da infettivologi, virologi ed epidemiologi: al contrario, si sofferma sulle conseguenze e sulle funzioni sociali, politiche ed economiche connesse all’epidemia stessa, secondo modalità e con esiti che verranno di volta in volta analizzati. In specie, la tesi che propongo presenta l’emergenza epidemiologica come fondamento di un nuovo paradigma di governo delle cose e delle persone o, se si preferisce, come base di una nuova razionalità politica coerente con l’ordine neoliberale: quale che sia l’origine effettiva del patogeno, esso è stato prontamente utilizzato dai gruppi dominanti del padronato cosmopolitico per rinsaldare il disordinato ordine del capitalismo planetarizzato e i suoi sempre più asimmetrici rapporti di forza. Ne è scaturito un great reset, come da subito si è preso ad appellarlo: vale a dire una riorganizzazione complessiva del modo della produzione che, lungi dal segnare una sua crisi – come taluni pure hanno sostenuto –, rappresenta un suo potenziamento. Tale potenziamento risulta connesso tanto con il rinvigorimento di strutture già operanti (classismo, disintegrazione dei ceti medi e delle classi lavoratrici), quanto con l’accelerazione di processi già avviati (transito alla società digitalizzata, marginalizzazione delle procedure parlamentari, individualizzazione di massa, decostruzione dei residui di sovranità popolare). In sostanza, al cospetto dell’epifania dell’emergenza epidemiologica il blocco oligarchico neoliberale si è, da subito, adoperato per volgerla a proprio favore e, sinergicamente, per impedire ai ceti dominati di organizzarsi per far valere le proprie rivendicazioni ed eventualmente per mutare a proprio vantaggio gli assetti generali del modo della produzione. In coerenza con la logica specifica del capitale, il ne varietur di un cosmo che si pretende immodificabile dal basso in direzione di diverse e meno indecenti configurazioni socio-politiche coesiste dialetticamente con il ritmo della sua eraclitea trasformazione ininterrotta in senso rigorosamente capitalistico.

La prima parte dello studio affronta il tema della crisi come metodo di governo neoliberale. In analogia – al netto delle pur macroscopiche differenze – con altre crisi che hanno attraversato il capitalismo del nuovo millennio, anche quella epidemiologica divampata nel 2020 è immediatamente stata utilizzata ad arte dai gruppi dominanti. Mutata in nuova normalità, la crisi permanente permette, tra l’altro, di rendere inevitabile l’inammissibile, di ridisporre verticisticamente gli ordinamenti politici, di attivare un paradigma securitario che comprime libertà e diritti in nome della promessa di sicurezza, di imporre un decisionismo che scardina le normali procedure delle democrazie parlamentari e, ancora, di fare fruttare politicamente il terrore connesso al rischio estremo della perdita della vita per via del contagio. Insomma, da qualunque angolatura la si analizzi, la crisi ha svolto stabilmente la parte di fecondo metodo governamentale biopolitico a beneficio esclusivo dei gruppi dominanti.

Sviluppando questo delicato plesso teorico, la seconda e la terza parte del mio lavoro si soffermano più da vicino sulla riplasmazione globale del capitalismo resa possibile dalla crisi come metodo di governo. L’idea generale, come dicevo, è che il blocco dominante abbia tempestivamente utilizzato l’emergenza come via privilegiata per una riorganizzazione complessiva e tutto fuorché neutra delle strutture portanti del modo della produzione. A tal riguardo, la chiamo, con le sintassi di Gramsci, “rivoluzione passiva” su scala planetaria o anche “golpe globale”. Non si tratta, infatti, di un mutamento gestito dal vertice (Signore global-elitario) a nocumento della base (Servo nazionale-popolare) che interessi solo un Paese o una ristretta cerchia di realtà nazionali, in analogia con i regimi autoritari novecenteschi: è, au contraire, una svolta in senso verticistico (“rivoluzione passiva”) che si inserisce nel più generale quadro della lotta di classe dall’alto post-1989 e che coinvolge il modo della produzione nel suo insieme; e che, proprio in ragione dell’estensione planetaria del medesimo, può ragionevolmente dirsi un mutamento mondiale di paradigma, sia pure, naturalmente, mediato dai singoli governi nazionali, con le loro diverse “temperature storiche” e con la loro differente relazione con i gruppi di comando dell’oligarchia globalcapitalistica.

Sempre con le grammatiche di Gramsci, non esito a parlare di “crisi di autorità” (o “crisi di egemonia”). Il blocco dominante, dopo anni di più o meno entusiastica adesione da parte dei ceti nazionali-popolari alla lieta novella della fine capitalistica della storia e del trionfo destinale della libertà di mercato identificata con la libertà tout court, aveva principiato, almeno nell’ultimo decennio, a registrare sempre più manifeste forme di disaffezione, quando non direttamente di dissenso organizzato, rispetto al progetto della globalizzazione capitalistica. In altri termini, la massa damnata degli sconfitti del globalismo aveva preso non di rado a ostentare la propria indocilità ragionata rispetto all’ordine dominante su scala planetaria, vuoi con vere e proprie proteste organizzate (da Occupy Wall Street ai gilets jaunes), vuoi con votazioni palesemente contrarie rispetto all’indice di gradimento delle borse e dei mercati (Brexit, governo gialloverde in Italia, referendum greco del 2015, “sovranismi” e “populismi” di vario genere, ecc.). La classe dominante, che iniziava con preoccupazione a vedere scricchiolare il proprio consenso presso il polo dominato, doveva di necessità riorganizzare in forma autoritaria il rapporto di forza: gramscianamente, solo la violenza può garantire la conservazione del dominio ai dominanti ormai privi di consenso e, dunque, di egemonia.

In questa cornice generale, il “golpe globale” su cui si fonda il nuovo Leviatano tecno-sanitario del capitalismo terapeutico, costruito sulla paura perpetua di perdere la propria vita, comporta una tellurica riorganizzazione del modo della produzione sul piano economico, su quello politico e su quello sociale. Su quello economico, dacché la nuova razionalità socio-politica attivatasi con l’emergenza segna l’apoteosi dei colossi del Big Tech e del Big Pharma, dell’e-commerce e del finanz-capitalismo e, in maniera convergente, la deriva dei ceti medi e delle classi lavoratrici, condannati al rango di una nuova plebe, spesso in aperte condizioni di miseria. Rientra a pieno titolo nel nuovo ordine del turbocapitalismo post-borghese e post-proletario la polarizzazione tra una nuova classe precaria (Servo nazionale-popolare), scaturente dalla distruzione del ceto medio, delle classi lavoratrici e della loro “coscienza infelice”, e una inedita aristocrazia finanziaria cosmopolitica con incoscienza felice postmoderna. La crisi epidemiologica rende possibile il redde rationem finale con i ceti dominati, nascosto e giustificato dietro la narrazione medico-scientifica e, insieme, presentato come un’inevitabile necessità dettata dall’emergenza sanitaria e dall’esigenza di contenerla mediante misure apparentemente di ordine soltanto medico-scientifico.

Sul piano politico, poi, abbiamo assistito all’eclisse delle democrazie parlamentari, al trionfo degli esecutivi forti, allo stato di eccezione permanente, alla sospensione dei diritti e delle libertà fondamentali (nonché di molti dei princìpi delle Costituzioni), alla limitazione crescente della libertà di espressione (limitazione giustificata in nome del principio della “lotta alle fake news”, cioè a ogni narrazione divergente), alla messa in congedo della tripartizione dei poteri, alla grigia militarizzazione della vita pubblica, a un più o meno aperto autoritarismo che, anche nella sua estetica più immediata, richiama esperienze di lugubri regimi passati, con tanto di uniforme identificativa e disciplinare dei sudditi (la mascherina) e di “divieto di assemblea” (anche se si è preferita la formula medico-scientifica del “divieto di assembramento”), di controllo e di sorveglianza negli spostamenti mediati e limitati da autocertificazioni e coprifuoco.

Infine, nell’ambito sociale, è stata portata a compimento l’espulsione neoliberale dell’altro o, se si preferisce, l’individualizzazione di massa, secondo il nuovo principio dell’homo homini virus: identificato con l’untore e con il virus, l’altro è divenuto, improvvisamente e per decreto, un nemico da tenere a distanza e rispetto a cui immunizzarsi. La logica immunitaria produce, come necessaria conseguenza, la decostruzione degli spazi comunitari, la neutralizzazione del legame con l’altro, l’isolamento – sancito da appositi decreti – dell’individuo nel proprio regno privato. Quasi come in una figura della hegeliana Fenomenologia dello Spirito, la open society di mercato si è dialetticamente rovesciata nella locked down society del capitalismo virale, con i suoi confinamenti domiciliari coatti e con il suo nuovo principio organizzativo del distanziamento sociale.

Il distanziamento sociale, in particolare, appare come il fulcro della nuova socialità pandemica, vuoi anche come il fondamento della nuova “insocievole socievolezza” di un sistema monadologico di atomi distanziati e senza possibilità alcuna di stringere qualsivoglia forma di “social catena”. Anche sotto questo riguardo, appare adamantina la portata governamentale dell’emergenza epidemiologica: si compie, nella sua forma più radicale, la tendenza cooriginaria al modo capitalistico della produzione, ossia la neutralizzazione di ogni legame comunitario e la ridefinizione della società in chiave monadologica, come sistema individualizzato di atomi concorrenziali legati unicamente dall’algida geometria del do ut des liberoscambista.

Non deve, allora, sorprendere che, lungi dal configurarsi come un processo naturale e necessario, come il discorso medico-scientifico tende a presentarlo, la gestione dell’emergenza epidemiologica manifesti tratti immancabilmente di classe, configurandosi come un vero e proprio laboratorio per nuovi assetti sociali, politici ed economici destinati a fare epoca. La quarta parte del mio studio è consacrata a un tentativo di demistificazione, sulle orme dell’insegnamento marxiano, dell’ideologia medico-scientifica, ossia del logo terapeuticamente corretto che fa da superstruttura alla nuova struttura economica, sociale e politica posta in essere grazie all’uso dell’emergenza sanitaria. Se è vero – Marx docet – che l’ideologia presenta in chiave scientifica, universale e neutra gli interessi dei gruppi dominanti (e, dunque, li santifica e, insieme, li occulta), ho provato a indagare se, in che modo e secondo quali presupposti anche il dispositivo dell’ideologia medico-scientifica possa essere così interpretato. E ho mostrato, anzitutto, come dietro ogni imperativo medico-scientifico – dal divieto di assembramento al divieto di spostamento – si nasconda una norma a beneficio della riorganizzazione della società voluta e propiziata dai ceti dominanti: il caso più estremo e significativo è, naturalmente, quello del confinamento domiciliare coatto (o lockdown), che costringe per decreto l’intera popolazione agli arresti domiciliari (negandole la socialità, le piazze e le lotte politiche), peraltro condannando alla rovina in modo tutto fuorché accidentale l’economia locale dei ceti medi e le classi che vivono del proprio lavoro.

La parte decisiva dell’ideologia medico-scientifica – che, nel testo, distinguo dalle scienza in senso proprio – si dispiega in una forma che, per semplicità, così può essere cristallizzata: il circuito mediatico e giornalistico che direttamente risponde ai desiderata del blocco dominante sceglie di dare voce e visibilità a una cerchia ristretta di camici bianchi (variamente escludendo e ostracizzando tutti gli altri), ossia a quelli che diffondano la narrazione dello “scenario del caso peggiore possibile” (worst case scenario). Quest’ultimo, a propria volta, è funzionale al dispositivo governamentale della pandemia infinita e dell’emergenza come nuova normalità. Se la pandemia è infinita, infinito diviene il ricorso alle misure emergenziali. Se l’emergenza non cessa mai, essa assurge a nuova normalità e si sedimenta in un preciso e duraturo metodo di governo delle cose e delle persone. E chi osi contestare il nuovo paradigma governamentale, reclamando i diritti e le libertà sequestrati, viene diffamato e ostracizzato come “negazionista” del virus e come diffusore di fake news pericolose per la salute pubblica: l’opposizione politica e il dissenso rispetto al neo-orwelliano ordine sanitario sono rese aprioricamente impossibili da un dispotismo che si legittima grazie alla fede nella scienza o, meglio, nell’ideologia medico-scientifica.

Il fulcro di quest’ultima e della sua medicalizzazione senza riserve della società è da ravvisarsi nella categoria ossimorica e di nuovo conio (non è attestata prima dell’epifania del Covid-19) di “malato asintomatico”. Se, potenzialmente, tutti e ciascuno sono “malati asintomatici”, ne segue more geometrico che per definizione nessuno è più, propriamente, sano e che la società dei cittadini portatori di diritti e organizzati secondo la forma della democrazia parlamentare è spodestata a beneficio dell’inedita figura di una società come clinica per pazienti che debbono rispondere supinamente alle ingiunzioni dei camici bianchi. Ne scaturisce un autoritarismo medico, una vera e propria iatrocrazia che si incastona, oltretutto, nella più generale tendenza neoliberale a sostituire la sovranità popolare con l’expertise dei tecnici liberisti, con il comitato tecnico-scientifico e con la task force non eletta, composta astrattamente da tecnici e da esperti e concretamente da banchieri e top managers di ortodossa fede liberista. Anche sotto questo profilo, l’emergenza epidemiologica e il paradigma della crisi biosecuritaria che, con essa, si è tempestivamente attivato hanno rinsaldato e accelerato il già da tempo in atto processo di evaporazione dei residui spazi di sovranità popolare.

L’ideologia medico-scientifica rende possibile, oltretutto, il pieno dispiegamento del paradigma biopolitico, così come è stato codificato, pionieristicamente, da Foucault e, in seguito, anche da Agamben: non soltanto la vita è ridotta a mera zoe, a semplice sopravvivenza naturale dell’organismo (con sacrificio pressoché integrale del bios, delle qualificazioni che rendono la vita degna di essere vissuta), ma l’uomo stesso, sotto il segno dell’imperativo leibniziano del calculemus!, è svilito a quantità, a cifra, a cosa misurabile, a ente disponibile. Si giunge, con ciò, alla stazione finale della volontà di potenza tecnonichilista e del suo sviluppo, quella in forza della quale l’uomo, credendosi padrone dell’essente, finisce per diventare esso stesso ente manipolato dall’“impianto impositivo” (Gestell) del connubio di tecnica e scienza. Dopo la morte di Dio e la fine delle ideologie, si attua allora la scena finale, coincidente con la morte dell’uomo. Questa deriva scientista, che segna l’apice della reificazione oltre che il rovesciamento della ragione scientifica in dogma a tratti fanatico (“superstizione scientifica”, diremmo con Jaspers), mi ha indotto a svolgere alcune riflessioni sul concetto, apparentemente autoevidente, di vita: e ciò nel tentativo di superare e, insieme, demistificare la nozione di vita – povera, riduttiva e di ordine meramente biologico – fatta valere dal logo astratto della scienza e dalle prestazioni ormai monopolistiche del discorso del medico.

Sull’ideologia medico-scientifico si legittima il nuovo paradigma biocratico di governo delle cose e delle persone incardinato sui lockdown a singhiozzo, sul distanziamento sociale, sulla tecnologia digitale e sul controllo biopolitico totale sopra e sotto la pelle con applicazioni di tracciamento e con prelievo di materiale biologico dei sudditi. La quinta parte del mio lavoro riprende questo tema e si sofferma diffusamente sul concetto di “nuova normalità” pandemica e post-umana, segnatamente sulla contactless society delle solitudini distanziate socialmente e connesse telematicamente nell’impero della tecnosfera.

Il principio organizzativo del distanziamento sociale fa sistema con la tecnologia digitale: se la realtà e l’altro sono intrinsecamente contagiosi, occorre traslarsi nello spazio virtuale “immune” per definitionem della realtà digitale e delle relazioni telematiche. Grazie alla secessione elettronica, la relazione sociale è sostituita dalla connessione telematica di solitudini confinate nella propria cella digitale, perennemente disconnesse dalla realtà e connesse all’internet. Dallo smart working all’e-learning, fino alla celebrazione delle messe via streaming, la società elettronica dell’homo digitalis chiede anch’essa di essere interpretata con lenti sociali, economiche e politiche, che pongano in evidenza il dominio e il profitto dei gruppi del Big Tech, l’atomizzazione della società frantumata in solitudini telematiche connesse via internet e i molteplici vantaggi di classe che, in generale, il blocco dominante ottiene grazie alla digitalizzazione (emblematico resta il caso dello smart working). La connessione digitale della società tecnomorfa, nell’atto stesso con cui proclama di creare nuove relazioni e nuove esperienze, produce e legittima la solitudine e la perdita dell’esperienza. I volti, le parole e le interazioni umane decadono a rettangoli grigi e muti sullo schermo di un terminale; e, insieme, il “divenir del mondo esperto” – ogni Erfahrung, “esperienza”, è un Fahren, un “viaggiare” nello spazio del reale – è sostituito dal nuovo antro platonico del mondo tecnicamente falso, che segna il divenir favola di quello reale: nella società senza contatto delle solitudini telematiche, secondo la formula di Paul Virilio, non si guardano più le stelle, ma gli schermi.

Nella conclusione, provo a delineare i tratti fondamentali per una ricostituzione del dissenso verso la società del capitalismo terapeutico e per la riorganizzazione corale di una battaglia, culturale ancor prima che politica, rispetto al nuovo Leviatano terapeutico: una battaglia che si inscriva nel più generale orizzonte della passione durevole della lotta contro il fanatismo economico di quell’astrazione concretissima detta capitalismo. Procedendo anche in questo caso in direzione ostinata e contraria, alla oggi così in voga virtù della resilienza – la “passione triste” alla quale i dominanti non perdono occasione di invitare i dominati – preferisco contrapporre le ragioni della resistenza e dello “spirito di scissione”. Resto convinto che, dinanzi a un modo di governare le cose e le persone sempre più palesemente disumano oltreché asimmetrico e ingiusto, non ci si debba adattare in modo resiliente – come pure i più, tecnonarcotizzati e teledipendenti, hanno da subito scelto di fare –, ma si debba far valere l’opposta modalità della appassionata resistenza di una speranza che militi per un’ulteriorità nobilitante e che sia animata da non negoziabili desideri di migliori libertà.

È, peraltro, parte integrante del problema il fatto che, mentre scrivo queste righe, molti – se non i più – siano persuasi che l’emergenza epidemiologica sia superata o, comunque, un incidente transeunte destinato a risolversi più o meno celermente senza lasciare traccia. Come quasi sempre accade con le crisi che marcano un’epoca, anche in questo caso i dispositivi securitari e i nuovi paradigmi che hanno preso vita nel corso dell’emergenza connessa al Coronavirus paiono destinati a durare in quanto parti di una nuova normalità e di un’inedita configurazione degli assetti socio-politici. Una volta di più, la lotta è dunque chiamata ad articolarsi nella duplice e sinergica direzione della decostruzione critica dell’immaginario dominante e della riconquista operativa di spazi di socialità libera e di vita dignitosa.

“ MONSIEUR LE PoP “  24-08-211* edizione della Rassegna Culturale Letteraria  a Laigueglia con la scrittrice Silvia Alon...
25/08/2021

“ MONSIEUR LE PoP “ 24-08-21
1* edizione della Rassegna Culturale Letteraria a Laigueglia con la scrittrice Silvia Alonzo “ L’angelo veste sado “ e lo scrittore Massimiliano Max Caranzano “ Gli dei del diluvio “

Ringrazio personalmente il Sindaco Roberto Sasso del Verme , il Vicesindaco Garassino Giancarlo, l’Amministrazione comunale, per l’ospitalità e l’artista Remo Castiglioni
Domani come ospite avremo il Prof. Filosofo Diego Fusaro

Questa sera a Laigueglia la rassegna letteraria "Monsieur Le PoP"Il 24 e 25 agosto a partire dalle ore 20.30Due giorni d...
24/08/2021

Questa sera a Laigueglia la rassegna letteraria "Monsieur Le PoP"
Il 24 e 25 agosto a partire dalle ore 20.30
Due giorni di incontri, per la prima edizione di “Monsieur Le PoP”, rassegna culturale ideata dal curatore della IAT Gallery Pierluigi Luise e accolta dal comune di Laigueglia.

Il programma, articolato in 2 serate, affronterà più temi e spazierà in diversi ambiti, dal “giallo” della scrittrice Silvia Alonso con il suo ultimo libro “L’Angelo veste sado”, al “paranormale” di “Fantasmi, oltre il confine della vita”, del noto autore ligure Luca Valentini, fino all’opera del ricercatore Massimiliano Caranzano (che da oltre quarant’anni coltiva un interesse particolare per la ricerca delle vere origini dell’umanità) che proporrà la sua ultima fatica letteraria “Gli Dei del Diluvio”. La rassegna si concluderà con il noto filosofo Diego Fusaro che, nella serata del 25 agosto, presenterà in anteprima il suo ultimo libro “Golpe globale” . Due serate intense e coinvolgenti a Laigueglia, in una delle piazze più suggestive del centro (piazza Cavour).

La scenografia scelta dal curatore e relatore Pierluigi Luise per fare da sfondo al “salotto” in cui si svolgeranno gli incontri, sarà costituita da un’opera d’arte di quattro metri per due realizzata dall’artista Remo Castiglioni e creata appositamente per l’occasione.

Questa sera alle ore 20,30 nella piazza  Cavour a Laigueglia
24/08/2021

Questa sera alle ore 20,30 nella piazza Cavour a Laigueglia

23/08/2021

Il 24 e 25 agosto a partire dalle ore 20.30

05/08/2021
Per chi si trovasse dalle parti di Cantù giovedì sera (previa prenotazione).
19/11/2019

Per chi si trovasse dalle parti di Cantù giovedì sera (previa prenotazione).

Dopo la data di ottobre con Marco Buticchi, torna al ristorante Il Garibaldi di Cantù, giovedì 21 novembre (ore 20.30 info e prenotazioni 031 704915), una

A Genova il 16 novembre.
08/11/2019

A Genova il 16 novembre.

16 novembre ore 22.00 Ricordando Andrea G. Pinketts – Muá Lounge Restaurant Secret Muá Lounge Restaurant
Andrea Carlo Cappi, scrittore e traduttore, è stato grande amico e collaboratore dello scrittore noir milanese scomparso prematuramente nel dicembre scorso all'età di 57 anni. Raffinato autore di romanzi cesellati da una scrittura visionaria e barocca, Pinketts verrà ricordato dallo stesso Cappi, insieme a Maurizio de Giovanni, Leonardo Gori e Bruno Morchio

Il video completo della presentazione dell'ultimo libro di Andrea G. Pinketts, con grandi ospiti, letture e interventi m...
01/11/2019

Il video completo della presentazione dell'ultimo libro di Andrea G. Pinketts, con grandi ospiti, letture e interventi musicali di Omar Pedrini e del Maestro Zac.

Il video completo della presentazione del libro "E dopo tanta notte strizzami le occhiaie" (Mondadori), scritto da Andrea G. Pinketts e...

Indirizzo

Piazza Cavour
Laigueglia
17053

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